sabato 29 ottobre 2016

Il guru moderno

Vi è mai capitato di scrivere un post su Facebook, magari sfogandovi per una determinata situazione, e di leggere tra i commenti quello del “guru filosofo”? Lui/lei, essere onnisciente, dirà sempre che il problema è vostro. Badate bene, ha ragione, e nella sua filosofia spiccia o nella frase copiata da Osho c’è una grande verità, ma questo personaggio non si rende conto che, molto spesso, invece di fare del bene con quell’intervento, fa l’opposto.
Io un tempo lo ero. Ebbene sì, mi pregiavo del titolo di guru filosofico. Avevo iniziato da poco il mio percorso di cambiamento e volevo che tutti cambiassero con me. Chiamatelo entusiasmo, eccesso di zelo o semplicemente eccessiva stima per me stessa, ma io amavo elargire consigli. Vedevo gli altri come esseri bisognosi che ancora non arrivavano a comprendere profonde verità. Persone cieche, come direbbe Isa (vedi Nero Assoluto), che io, grazie alla mia “luce”, potevo portare a nuova consapevolezza.
Ho capito con il tempo quanto sbagliassi. Mi sono resa conto dei limiti e dei trascorsi di ognuno, realtà che io non posso conoscere. C’è chi non è assolutamente pronto a far “entrare” nuove idee o a cambiare, c’è chi non può nemmeno capire il senso di determinate parole. Meritano meno rispetto per questo? No. Perché anche loro, come me, sono in cammino. Allora ho smesso, permettendomi di dare qualche consiglio solo a persone che sento predisposte a riceverlo. È un po’ come parlare di dieta vegana a un carnivoro convinto. Perché sprecare energie o apparire pazzi esaltati? È contro produttivo. Molto meglio dimostrare con il proprio esempio l’efficacia di una determinata cosa. Chi è pronto a comprendere, comprenderà.
Nonostante questi presupposti, io continuerò a sfogarmi su Facebook, e i guru filosofici continueranno a rispondermi con frasi preconfezionate. Allora, perché farlo? Come mi scrive una mia amica, che rivendica pure il diritto sulla frase (by Laura): “È colpa tua, ha ragione il popolo ignorante! Non so perché cerchi il confronto con il mondo”. Perché lo cerco? Forse per sentirmi parte di una comunità o per avere una pacca sulla spalla virtuale. Magari è una sorta di appagamento per la mia “parte bambina”, qualcuno che mi approva e mi sostiene. Forse questo.
Quando scriviamo un nuovo post, in qualche modo speriamo di avere sostegno e appoggio. Il guro filosofico ci sta sulle palle perché invece ci riappioppa le responsabilità. E si sa, i maestrini danno fastidio a tutti.
Bisognerebbe esaminare le proprie emozioni prima di scrivere qualunque cosa. Dovrebbe farlo sia chi si lamenta sia chi si sente in dovere di insegnare. Possibile? Teoricamente corretto, fisicamente improbabile.
Allora ha ragione Laura: facciamoci i cazzi nostri e condividiamo solo gattini.


giovedì 13 ottobre 2016

Ad Halloween uccidi il tuo ex

Vi piace la fascetta gialla? La trovo adorabile. Io sono già entrata in modalità “strega cattiva” e ho deciso di festeggiare questo Halloween condannando a pene drastiche tutti quelli che mi hanno fatto del male. Si parla di ex, gatte morte, bastardi fedifraghi e chi più ne ha più ne metta.
Bianco Abbacinante, nato inizialmente come parodia di Nero Assoluto, si è trasformato in un racconto di certo comico, ma che vuole parlare di vendetta, amore e relazioni.
Feste in maschera, piante immortali, strani riti voodoo, casini in ufficio, flirt nei locali, sesso e tanta autoironia per un racconto breve che non tralascia i momenti di riflessione.
C’è molto di mio (oh tu, che mi stalkeri, leggi, potresti trovarti all’interno della storia!), è vero, infatti ho iniziato a scrivere proprio per vendetta, ma poi, dopo qualche pagina, ho trovato il vero senso del racconto.
Curiosi?
Lo consiglio a tutte le donne che hanno voglia di farsi una risata e a tutti gli uomini che vogliono capire un po’ di più l’universo femminile. A chi ama i dolci e se ne frega della linea e a chi sta sempre a stecchetto per perdere peso.

“Mi chiamo Erika, ho trentasei anni e una passione smisurata per i macarons. Sarà per questo che non riesco a scendere sotto la taglia quarantotto. Okay, diciamo pure cinquanta. Meglio tralasciare questi dettagli. Il punto è che da Halloween, da quell’assurda sera in cui io e la mia migliore amica, Gessica, abbiamo fatto uno strano rito voodoo, la mia vita è cambiata radicalmente. Adesso ho un aitante bell’imbusto al mio fianco, ho perso cinque chili in due giorni e, soprattutto, ho fatto fuori tutti gli ex infami.
Magia? Forse sì, ma dovreste proprio conoscere la mia storia...”



mercoledì 21 settembre 2016

Mòro Dél Tùto

Nero Assoluto è ambientato a Treviso... ma se fosse trevigiano proprio, tradotto in dialetto locale? Insomma, se Erica e Arjuna abitassero sul serio a Treviso, parlerebbero di certo in dialetto! Mi sono posta la domanda e ho tradotto un pezzo con l'aiuto di www.dialetto-veneto.it e la mia "editor" Valentina Facchin. Il risultato è assai comico.
A seguire lo spezzone in dialetto e originale. Buon divertimento!

Me piaseva cincionarme coi corsi e trovavo bea a cultura dei indiani, a stessa che a mare de Arjuna provava a inculcarme, ma là me fermavo.
«Te sta ancora a vardar el disegno?» Quel insemenio me osa daea porta.
«Se sà! I dovaria asarmeo gustar. Te vede anca ti, e gambe xe sbajae.»
E el ridea. A stessa facia de ebete che el faseva con e tose. I denti bianchi che gnanca Mastro Lindo e na pel da teron. I oci i ghe brillava de verde daea luce gialla del neon. «Mona! Te gavevo dito de justarlo intanto che te o fasevi. Te te ricorda? Al solito te ga na testa da batter pai!»
Go fatto finta de pomi e ghe go fatto veder a cartea.
«Scordateo», ga xontà «Stasera no go bae.» 
«No te pol dirme de no!» Son ‘ndada sora dei scaini e o go strasinà dentro, tirandoeo per na manega. «Dai, son nelle peste, sul serio... me mare me ga tirà drio na savatta, la vol che disegno su a carta de formai, e po, te sa, a professoressa a me odia.»
«A Rossi? Ma no sta dir cassae, a xe a pì bona dea scuoea», me ga dito pian, intanto chel ‘ndava a sentarse. «In ogni caso stasera no, go sento schede compiae a man da copiar su Excel. E te sa ben che scritura da gaina che ga Isa. Ghe tacarò fin a un boto.»
Go pojà a borsa par terra, visin aea toea. «Prima roba: a xe un mostro, ti te ieri el cocco, a basava a tera dove che te caminavi, ma invese a mi a me odia. Seconda roba: dame na man coi disegni e mi te iuto co Excel.»
«Cea, ti te odia Excel.»
«Odio de pì descrittiva!»
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Mi piaceva dilettarmi con alcune tecniche e trovavo affascinante la cultura dei nativi americani, la stessa che la mamma di Arjuna cercava di farci apprendere, ma non facevo altro.
«Stai ancora guardando il disegno?» La voce arrivò dall’entrata, irriverente come sempre.
«Certo, dovrebbe lasciarmelo aggiustare. La vedi anche tu, la linea delle gambe è sbagliata.»
Arjuna sorrise, lo stesso sorriso che solitamente stendeva tutte le ragazze che gli ronzavano attorno. I denti bianchi risaltarono sulla carnagione dorata, e le pagliuzze verdi dei suoi occhi brillarono alla luce del neon. «Te l’avevo detto mentre lo stavi disegnando, ricordi? Al solito non hai voluto sentire ragioni.»
Simulai una risata sarcastica e gli sventolai sotto il naso la cartella da disegno.
«Scordatelo», aggiunse, «non stasera.»
«Non puoi dirmi di no!» Salii i tre gradini che ci separavano e lo trascinai all’interno, tirandolo per una manica. «Sono nei guai, sul serio... mia mamma è nel pieno di una crisi oscura, vorrebbe farmi disegnare sui fogli riciclati, e poi lo sai, quella professoressa mi odia.»
«La Rossi? Non potrebbe mai odiarti, è senza dubbio la donna più dolce dell’istituto», replicò sottovoce, tornando a sedere dietro al bancone. «In ogni caso questa sera non se ne parla, ho un centinaio di schede compilate a mano da ricopiare su Excel. Sai bene come scrive Isa, andrò avanti per ore.»
Lasciai cadere la borsa a terra e posai la cartella di fianco alla postazione di Arjuna. «Punto primo: lei è un mostro, tu eri il suo pupillo, ti adorava, ma a quanto pare odia me. Punto secondo: aiutami con questi disegni e ti darò una mano con le schede.»
«Tu odi Excel.»
«Odio di più descrittiva!»

giovedì 15 settembre 2016

La Compagnia dei Ciarlatani

Venghino Siori e Siore, venghino! Ecco a voi la prima e la sola Compagnia dei Ciarlatani! Vi presento la nostra silfide, colei che vede oltre il domani, la sola e la unica Fattucchiera. Alla sua sinistra, coperto di mantello, colui che trasforma la vile acqua in portenti, curerà il tempo e le delusioni: l’Alchimista. Vi è poi... sì, lì dietro, non lasciatevi ingannare dal corpo minuto, lei ha poteri oltre ogni immaginazione, non osate sfidare l’ira della nostra Sensitiva! Se poi amate il rischio, potete sempre proporre una sfida alla unica e sola Ammaestratrice di Draghi. Ultima, ma non per importanza, la sposa di Ade, colei che saprà farvi godere del peccato. E infine io. La bella e prorompente donna che vi condurrà nelle spire della vostra coscienza: la Contessa. Noi siamo la Compagnia dei Ciarlatani! Credete in noi? È a vostro rischio, onorabili Clienti. D’altronde, lo dice il nome stesso, siamo ciarlatani. Oh, ma quanto è bello credere nello spirito, nella divinazione, nelle creature fantastiche e nella magia? Avanti, dateci i vostri soldi, consci di essere presi per i fondelli, ovvio. Vi stupite, Signori? Il nostro nome non è scelto a caso, è lo Stato che lo impone. Noi ogni giorno veniamo chiamati ciarlatani, professiamo tale mestiere per l’Italia. Noi adeschiamo i poveri stolti, speculiamo sull’altrui credulità, alimentiamo il pregiudizio!
Chi lo dice? Lo dice l'art. 121, ultimo comma, del Testo Unico Leggi Pubblica Sicurezza (T. U. L. P. S. Regio decreto 1816/31, n. 773) del 1931: “È vietato il mestiere di ciarlatano”. Ebbene sì, Siore e Siori, siamo dei fuorilegge! Scappiamo lesti non appena una divisa compare per non incorrere in salate multe e una vita dietro alle sbarre. È accaduto a una nostra consorella proprio l’altro giorno, in quel di Cormons, durante una nota rievocazione storica. Mille e trentadue euro di multa per il suddetto mestiere. Lei, multata per aver commesso il delitto di “divinazione” in veste di ciarlatana, e per aver accettato un’offerta libera di due euro. Poco importa se la parola “mestiere” implica un’attività continuativa e lei professava a una singola fiera, poco importa se al suo fianco i commercianti abusivi vendevano centinaia di euro di merce, poco importa se intorno a lei centinaia di fumatori gettavano i mozziconi a terra, infrangendo la nuova legge 221 del 28 dicembre 2015 (in vigore dal 2 febbraio 2016), poco importa se la donna pagava regolarmente le tasse da una vita. E infine, poco importa se anche i sacerdoti domandano oboli per onorare un Dio invisibile. Bestemmia! La religione non è mica ciarlataneria! LEI era una ciarlatana perché leggeva tarocchi! La bestemmia del Diavolo! La legge del 1931 deve essere rispettata!
“AL ROGO!”
“AL ROGO!”
“Che le streghe siano bruciate tutte! Dio è con noi!”
Ecco il perché del nostro nome, gentile Pubblico. Noi siamo ciarlatani ma onesti. Noi oltrepassiamo il velo tra reale e irreale. Noi crediamo. Ma voi, stolti, non potete seguirci. Se lo fate, è un vostro azzardo, sia chiaro! Correrete il rischio?
Ora dobbiamo partire, onorabili Clienti. È tardi, tardissimo, e rischiamo di essere raggiunti. Se mai dovesse accadere al di fuori della televisione, dove fare i ciarlatani è approvato dallo Stato, saremmo in grossi guai!
Arrivederci... per ora. Ci rincontreremo al confine con i vostri sogni, dove non esistono dittature, dove chiunque può credere ed essere ciò che desidera. Dove si può ancora sperare, senza correre il rischio di essere bruciati.

lunedì 5 settembre 2016

Ho scelto il peccato

Sono un’apostata. Lo sono per i Testimoni di Geova. Apostata significa l’abbandono di una fede per un’altra, mentre i Testimoni di Geova hanno un’interpretazione diversa e definiscono apostata chi lascia la loro setta e poi ne contesta la validità in una forma o in un’altra. Insomma, gli apostati equivalgono a “traditori”.
Per capire il senso, serve qualche spiegazione.
Quando una persona “del mondo” incomincia a studiare “la verità” con i Testimoni di Geova, inizia una sorta di lavaggio del cervello, infatti, i Testimoni sono formati per ribattere ogni tipo di obiezione. Oltre “all’adunanza” della domenica e ai libri studiati in altre sere, una volta a settimana frequentano una vera e propria “scuola teocratica” dove si esercitano tra di loro per superare ogni tipo di contestazione, con tanto di mini discorsi ed esempi pratici assegnati di volta in volta a tutti i membri.
Perché lo so? Perché l’ho fatto anch’io. E qui, per la prima volta pubblicamente, faccio “coming out”: io ero una Testimone di Geova. Si parla di oltre quindici anni fa, ora, probabilmente, sono una seguace di Satana da evitare come la peste, insomma, un’apostata con i fiocchi.
Ritornando al discorso precedente, i Testimoni sono forgiati per essere dei predicatori ai quali non potersi opporre e, nel momento in cui una persona normale decide di seguirli, perde ogni facoltà intellettuale. Da quel momento avrà le riviste dell’organizzazione, i libri dell’organizzazione, ascolterà gli anziani dell’organizzazione e farà della Bibbia dell’organizzazione il suo solo scopo di vita. Ogni testo è studiato per inculcare determinati insegnamenti e far perdere la cognizione individuale. Si diventa fratelli e sorelle, un gregge comandato a bacchetta. Si devono ridurre all’osso i contatti con l’esterno, nessun amico “del mondo”, nessuna uscita ricreativa con i colleghi di lavoro, niente festività di alcun tipo e nessuna pubblicazione “del mondo”. Tutto deve essere fatto con i fratelli, all’interno di posti approvati dall’organizzazione. Perfino i rapporti di coppia sono comandati a bacchetta, con l’uomo a capo della famiglia e moglie e figli sottomessi. Due giovani che si piacciono non possono uscire da soli ma soltanto in compagnia, ovviamente il sesso è vietato fino al matrimonio. Insomma, i Testimoni di Geova creano un habitat perfetto al di fuori del quale fanno terra bruciata. Se un membro della setta trasgredisce, ad esempio frequentando persone “del mondo”, è segnalato e ammonito in pubblico. Nei casi peggiori, com’è accaduto anche a me intorno ai diciassette anni (con denuncia da parte di mia madre), subisce un vero e proprio processo e deve difendersi di fronte agli anziani della congregazione. In caso di gravi peccati, tipo l’adulterio o “reati” maggiori, può essere disassociato, ovvero l’ignominia più grande. Un disassociato è per i Testimoni non solo “morto”, ma anche considerato feccia. Gli tolgono il saluto, non rispondono nel caso questo decida di parlare loro e non lo aiutano in alcun modo nella difficoltà. Il disassociato può redimersi, dimostrando sentito pentimento, e dopo un considerevole lasso di tempo, ricominciare tutto da zero per essere riammesso. Ricordo che da bambina c’erano un paio di disassociati nella “sala del regno” che frequentavo. Si sedevano nell’ultima fila, entrando solo ad “adunanze” iniziate e sparendo poco prima della fine. Mia madre diceva di non guardarli, quasi potessero attaccarmi la peste. Se ben ricordo dopo più di un anno sono stati riammessi.
Esistono poi quelli che decidono di dissociarsi liberamente, com’è accaduto a me dopo svariati ammonimenti. La mia colpa maggiore? Ero fidanzata con un uomo “del mondo”. Sono letteralmente scappata di casa a diciannove anni, dopo aver subito per tutta l’adolescenza le continue litigate dei miei genitori (padre ateo e mamma Testimone), dopo aver sottostato ad anni di pressioni psicologiche da una parte e dall’altra, e aver faticato per trovare un equilibrio tra l’essere “la brava bambina che segue la mamma” e “una peccatrice da condannare a morte”.
Ho scelto il peccato. Ho scelto di pensare con la mia testa. Ho scelto di non essere sottomessa a uomini, anziani o qualunque forma di setta. Io sono un’apostata perché dichiaro apertamente di odiare i Testimoni di Geova. Li odio perché a causa del loro proibizionismo, a causa della violenza psicologica e degli obblighi imposti, io ho visto la mia infanzia e la mia adolescenza distrutte. Non ho mai potuto avere una famiglia normale né un Natale, un compleanno o una vacanza con gli amici da ragazzina. Ho iniziato a festeggiare dopo i vent’anni. I Testimoni di Geova hanno rovinato l’esistenza a me e alle persone più care, hanno separato la mia famiglia, impedendomi di essere zia poiché, anche se io mi ero rimpossessata del mio libero arbitrio, i membri della mia famiglia sono rimasti sotto il loro giogo per anni.
A vent’anni mi sono trovata sola con il mio ragazzo di allora. Niente più amici. Ricordo il preciso momento in cui ho ricevuto la lettera di mia madre, nella quale mi diceva che rappresentavo solo una delusione e che potevo ringraziare se, a causa della sua debolezza, mi parlava ancora.
Depressione, problemi alimentari, autolesionismo. Ero arrivata a non poter vedere la mia immagine riflessa. Ho fatto anni di terapia e poi sono passata alla ricerca di una vera spiritualità interiore. Mi sono tenuta alla larga da qualsiasi altra forma di religione, rimanendo fedele solo a me stessa e al mio “sentire”. Ho scoperto di avere un’anima, di essermi reincarnata infinite volte e di essere solo in viaggio. Ho compreso che, probabilmente, è stata la mia anima ad accettare questa terribile sfida. In fondo, i Testimoni di Geova mi hanno resa forte, una guerriera. Ho ripreso a leggere, a studiare, e ho fatto riaffiorare il mio vero potere. Sono una strega e sono fiera di esserlo. Lo sono sempre stata, fin da bambina, ma solo ora me ne rendo conto. Manipolo energie, percepisco i luoghi di potere e gli spiriti, in poche parole sono connessa alla natura e al mio dio interiore. Io sono anche Dio, sì. Non ho più bisogno di un fantoccio esterno da plagiare a immagine umana.
Credo. Credo in infinite cose, le rispetto e le amo, e l’amore che ricevo di rimando è vero e puro, non ha doveri o obblighi. I Testimoni di Geova non proveranno mai questo tipo di amore, non conosceranno mai davvero Dio, loro sono dei piccoli omuncoli chiusi in un mondo bigotto e inutile, in attesa che una qualche forma esterna di potere li liberi da questa vita ingiusta. Io, al contrario, sono artefice del mio destino.
Lo dico io, riprendendo il nome della loro rivista: svegliatevi!
Io l’ho fatto.
Ci sarebbero migliaia di cose da aggiungere, centinaia di esempi e storie al limite del surreale da raccontare, magari un giorno lo farò, in un libro dedicato. Concludendo questo lungo articolo, lancio un appello alle istituzioni: controllate i figli dei Testimoni di Geova, obbligateli a frequentare uno psicologo e non permettete a quei genitori di rovinare loro la vita così com'è accaduto a me.

Ps. Tutti i membri della mia famiglia sono usciti dalla setta ma, purtroppo, con alcuni i rapporti si sono incrinati talmente da essere irrecuperabili.

lunedì 8 agosto 2016

Le certezze non esistono

Siamo un concentrato di superbia ed egoismo. Tutti quanti. Siamo esseri che amano puntare il dito contro gli altri, badando bene di non guardare noi stessi. Amiamo l’esteriorità prima di ogni altra cosa. L’apparenza. Troppo magro, troppo grasso, troppo muscoloso, alla moda, fuori moda, il taglio giusto, l’abito da sera, l’abito da giorno, le scarpe trendy, il tatuaggio, i gioielli... Tutti si affannano per apparire, anche chi dice di non pensarci affatto. Al contrario pochissimi si affannano per colmare lacune intellettuali, per studiare solo per il gusto del sapere, per imparare cose nuove senza un reale obiettivo. Anzi, siamo arrivati a un livello in cui non si va oltre al titolo, basti pensare alle bufale che girano sui social. Come automi, lasciamo che i media scolpiscano la nostra mente, le nostre idee, i nostri bisogni.
Questa mattina mi è saltata all’occhio una diatriba tra due pagine Facebook, una dedicata alle donne “curvy”, l’altra al mondo dei “palestrati supermuscolosi”. I secondi avevamo postato una foto in cui passava il messaggio “se sei rotonda, non puoi puntare a un uomo figo”. Ovviamente la cosa mi ha irritato, ma anche fatto riflettere.
Siamo davvero solo questo? Si tratta solo di chili in più o in meno, di muscoli grossi o sottili? Il flame derivato da quel post era infinito. Quanto tempo sprechiamo per queste sciocchezze?
Un altro esempio mi è saltato all’occhio poche ore dopo, circa la “sanguinaria” mostra di Hermann Nitsch a Palermo. Mesi fa avevo già letto un articolo su questo “artista”, condannandolo subito a spada tratta. Poi, però, incredula di fronte a tanto, mi sono documentata attraverso una semplice ricerca su internet, scoprendo che tutte le parole altisonanti con cui venivano descritte le sue performance, dalle quali si presumeva che questo individuo squartasse cuccioli vivi, erano false. La sua opera consiste sì nel dissezionare animali, ma animali già morti in macello e pronti per la vendita alimentare. Fa schifo comunque? Probabilmente sì, e io non andrò mai a una sua “performance”, ma la verità è molto diversa da quella propinata dal popolo dei social. Ovviamente a seguito di una petizione che lo condanna, migliaia di benpensanti si sono ferocemente indignati e, dal solo titolo, l’hanno condannato a morte dolorosa. Gli stessi che poi mangiano bistecche da allevamento intensivo e comprano i giubbotti con pelliccia vera (solitamente coniglio, cane o gatto brutalmente uccisi).
Le certezze non esistono più perché tutto ciò che si trova online ha lo scopo di ottenere una reazione. Chi pubblica vuole attrarre, cerca consensi. Il bello, il brutto e perfino le tragedie sono abilmente manipolate per ottenere like, per ottenere visibilità e soldi. E noi? Noi ci caschiamo, ovvio. Permettiamo agli altri di manipolarci, di farci perdere il senso del tempo, di tenerci occupati con stupidaggini che ci allontanano sempre più dai veri problemi.
È così semplice puntare il dito, definire il prossimo in base a preconcetti, nascondersi dietro personalità ben studiate. È facile concentrarci sull’apparenza perché la realtà ci fa fottutamente paura. Entrare dentro, superare la corazza, provare a comprendere equivale a spogliarsi, ad ammettere il nostro egoismo. Potremmo scoprire di avere torto, potrebbero crollare le nostre certezze. Allora meglio una vita di poliestere dove i brutti e i cattivi sono gli altri. Meglio concentrarsi sulle stupidaggini, così rassicuranti. Meglio apparire invece di essere.

lunedì 25 luglio 2016

La donna ideale

Dopo un lungo periodo in silenzio torno a scrivere su questo blog con un argomento spinoso.
Se siete single e alla soglia dei quarant’anni sicuramente vi troverete ad affrontare dei problemi con gli uomini similari ai miei. Di certo vi sarete poste la domanda: “Ma cosa vogliono gli uomini? Perché io non vado bene?”. Iniziamo dicendo che voi andate benissimo. Casomai sono loro a non andare bene.
Al giorno d’oggi un quarantenne (e per quarantenne intendo più o meno la fascia 36-45) può appartenere a varie categorie. C’è il tipo che, a prescindere dal lavoro, precario o meno, non si staccherà mai dalla gonnella della madre, perché è troppo comodo essere servito e riverito come un pascià, e cercherà una donna in grado di emularla; c’è il single donnaiolo che non si accaserà mai e poi mai, quello che si crede ancora un ventenne, si fa le lampade e mette le camicie attillate nonostante l’evidente panzetta; c’è il deluso, ovvero colui che si è già sposato, e magari ha già sfornato la prole, e ora è single, a casa di mamma e con gli alimenti da pagare; infine c’è il “neo libero”, colui che da pochissimo ha acquisito liberà e indipendenza ma non sa ancora esattamente cosa farne e, spesso, va da mamma per cibo e lavatrici. In linea di massima, se andate su qualche sito per cuori solitari, troverete questo.
Ma codesti esemplari di razza maschile cosa vogliono dalle donne? Partiamo dall’aspetto fisico: la vogliono gnocca. Magra, curata, con un bel culo sodo. Possono scendere a compromessi e accontentarsi di quella cicciottella e magari non alla moda, ma allora le aspettative cambiano, non vogliono critiche né fare alcunché per migliorarsi.
In ogni caso, non deve essere troppo intelligente, perché se è più intelligente di loro si spaventano, né troppo colta, per lo stesso motivo. Insomma, meglio un’oca giuliva alla professoressa. Loro devono sentirsi fighi, pertanto, non vogliono nulla che sminuisca la loro superiorità. A meno che l’uomo in questione non sia un feticista, in tal caso va benissimo essere inferiore, ma solo in camera da letto!
Poi vogliono la donna onesta, ma non troppo s’intende. Deve essere un’onesta che li trovi affascinanti anche se a loro puzza l’alito, hanno i denti storti e sono più pelosi di Yoghi, insomma, che li accetti come natura li ha creati. La vogliono casta e pura, però al contempo disponibilissima per la loro botta e via. Su questo argomento c’è da aprire una parentesi perché, se è vero che gli uomini sono le nuove donne, spesso capita (sono una testimone diretta) l’esatto opposto: la fanciulla vorrebbe “arrivare al traguardo” e il maschio se la tira. Non è pronto, non vuole usarla, non gli sembra giusto. È indubbiamente attratto, sì, ma preferisce fare le cose con calma, magari dopo essersi consultato con la migliore amica o i genitori.
Di sicuro gli uomini vogliono la donna indipendente... economicamente s’intende. Loro desiderano essere sempre al centro dell’attenzione, per la femmina lui e solo lui deve essere il maschio Alpha, tranne quando c’è da pagare. Lì sì che possono essere indipendenti, fare a metà è la nuova moda, tanto meglio se paga tutto lei. I principi azzurri da film, che portavano rose e cioccolatini, che offrivano cene in locali sciccosi andando a prendere la dama sotto casa, sono estinti. D’altronde la donna non ha voluto la parità dei sessi? Ora, se proprio deve pagare, l’uomo opta per il kebabbaro in piazza o per il Mac Donald. Ovviamente non al primo appuntamento, dove si divide a prescindere. Perché sapete quanti primi appuntamenti ha grazie a Badoo? Non vorrete mica che il poverino finisca in bancarotta. Anzi, meglio a casa sua. Meglio se viene lei così non spende per la benzina... e se gliela dà pure nel frattempo. D’altronde ci si conosce più adeguatamente a letto rispetto a un ristorante, no? Tutto questo a meno che lui non sia “una nuova donna”, ovvio. In tal caso vi inviterà sì a casa sua, ma a vedere DVD piratati in un casto silenzio e, se per caso oserete un “fa freddino qui”, con l’idea di farvi abbracciare, lui alzerà il riscaldamento. Se vi trovaste in una situazione simile, potrete capire se l’uomo in questione naviga su un’altra sponda con una semplice domanda: “Di che colore hai le tende in camera?”. Se la risposta va dal “bianco” al “tende? Cosa sono le tende?”, il soggetto è etero ma con evidente crisi d’identità; se la risposta è “perla” o contiene la parola “nuance”, presentategli Gigi, il vostro vibratore.
C’è poi da fare una considerazione sull’età. Se avete circa trentasette anni, come me, vi si offriranno quarantacinquenni come categoria più giovane. Ovviamente si faranno avanti cinquantenni e sessantenni. Come mai non quelli della vostra età? Semplice, danno la caccia alle ventenni. Nel fortuito caso in cui trovaste un uomo di pari età, non gay e in apparenza sano di mente, preparatevi alla sua visione utopica della vita che prevede una famigliola felice, un lavoro solido e un pargolo paffuto. Ovviamente voi siete sulla soglia dei quaranta e non andate più bene, siete merce avariata. Gli piacete, ma non abbastanza. Il classico uomo che vivrà infelice nell’idea di una felicità immaginaria.
Sono stata sufficientemente scoraggiante? È solo la realtà. Sono curiosa di conoscere le vostre esperienze e, perché no, la risposta degli uomini a tutto ciò. Commentate! 

Ps. L'immagine è presa dalla pagina Facebook "Gli uomini sono le nuove donne", piacciatela che è molto divertente (e purtroppo veritiera!).

lunedì 4 luglio 2016

Telefriuli Estate


Questa sera sintonizzatevi su Telefriuli (o in streaming qui) dalle ore 20.30 alle 22.00 per il programma Telefriuli Estate. Parteciperò alla trasmissione con il mio ultimo libro Figli del Sole.


Conferenza - 8 luglio - Udine


Venerdì 8 luglio ore 20.30
CONFERENZA - Figli del Sole
presso Centro Studi Waira-aiar viale Tricesimo 181 Udine

Figli del Sole è un romanzo che arriva alla mente, smuove le emozioni, scende nel cuore e infine raggiunge la sfera più alta della spiritualità. Una storia che rivoluziona il concetto di finzione, assottigliando così tanto il confine tra reale e irreale da renderlo invisibile.
Tra Friuli, Slovenia e Veneto conoscerete antichi luoghi di potere, punti storici ricchi di miti e leggende, alla ricerca di una verità impalpabile che non può essere scorta da tutti. I Figli del Sole vi condurranno in un’avventura epica che scenderà fin nelle radici dell’animo umano, per ricongiungervi poi alla vostra vera essenza.

Questo libro è ambientato in luoghi realmente esistenti e carichi di potere. Le zone principali sono: l’isola di Grado e i paesi limitrofi (provincia di Gorizia), l’altopiano del Cansiglio (tra le province di Pordenone e Belluno), Treviso (TV), Cividale del Friuli (UD), le valli del Natisone e quella dell’Isonzo, fino alla cascata Veliki Kozjak (Kobarid/Caporetto – Slovenia).

Curiosità:
Ogni capitolo ha come sottotitolo il nome di un cristallo. Sono stati scelti secondo una logica precisa in base alle loro caratteristiche e riconfermati tramite una prova con il pendolino. Ogni pietra si connette e agisce positivamente sui principali sentimenti espressi in quel punto del racconto, andando a guarire in profondità.
Il libro è stato poi canalizzato con l’utilizzo dell’energia quantica, in modo che i princìpi positivi dei cristalli menzionati lavorino anche sul lettore. Così il testo agisce su più livelli, percepibili più o meno in base alla sensibilità di chi legge.
Figli del Sole è il primo urban fantasy 4D: arriva alla mente, smuove le emozioni, scende nel cuore e infine raggiunge la sfera più alta della spiritualità.

giovedì 12 maggio 2016

Otto ore di lettura ininterrotta

I lettori accaniti capiranno bene il mio titolo. Andare a letto alle nove di sera e trovarsi ancora lì alle cinque del mattino, con le vocine nella testa che dicono “ancora un capitolo!” in lotta con “no, no! Domani devi lavorare!”. Ho passato così le ultime notti e la colpa è di Mara Fontana.
Si parla di epic fantasy. Il vero epic fantasy, non le bambinate che si trovano in giro. Si parla di un mondo studiato maniacalmente, di una lingua inventata, di donne forti in una Terra comandata da uomini. Si parla di un testo che dà sui nervi, fa ridere e piangere. Capitoli interi passati con i crampi per la rabbia e momenti di puro, idilliaco piacere. Persone vere, con i loro problemi e difetti. Relazioni tanto reali da mettere i brividi. Questo è Nuova Galatia Saga. Il VERO fantasy italiano ignorato dai colossi della narrativa.
Mara Fontana è una selfpublisher e la sua saga è una perla di rara bellezza ignorata dalla massa. In pochi la conoscono ma quei pochi la adorano. Per me è Martin in gonnella, perché del caro vecchio George non ha niente di meno... forse qualcosa in più!
Continuo a leggere “il fantasy in Italia non esiste”. Sbagliato! C’è eccome, e questa saga ne è l’esempio lampante. Le notti insonni sui questi libri ne sono la prova. Milleottocento pagine circa e sono a metà del terzo volume. Quattro di nove pubblicati finora e ho già l’angoscia: tra un libro è finita e prima del quinto quanto passerà?
Cari Signori Mondadori, Fanucci, Editrice Nord... Che diavolo state facendo? Eppure ne avete di esperienza! Non capite quando una saga è un successo? Ve lo dico io, seguite la scia di Martin e acclamate la VERA regina del fantasy italiano! Se non lo fate, beh, riconfermerete la mia idea dell’editoria di questo Paese in declino.

lunedì 2 maggio 2016

4 maggio 2016 - pubblicazione Figli del Sole



Il primo urban fantasy 4D

Un libro che arriva alla mente, smuove le emozioni, scende nel cuore e infine raggiunge la sfera più alta della spiritualità.

Una storia che rivoluziona il concetto di finzione, assottigliando così tanto il confine tra reale e irreale da renderlo invisibile.

Tra Friuli, Slovenia e Veneto conoscerete antichi luoghi di potere, punti storici ricchi di miti e leggende, alla ricerca di una verità impalpabile che non può essere scorta da tutti. I Figli del Sole vi condurranno in un’avventura epica che scenderà fin nelle radici dell’animo umano, per ricongiungervi poi alla vostra vera essenza.

Il libro è ambientato in luoghi realmente esistenti e carichi di potere. Le zone principali sono: l’isola di Grado e i paesi limitrofi (provincia di Gorizia), l’altopiano del Cansiglio (tra le province di Pordenone e Belluno), Treviso (TV), Cividale del Friuli (UD), le valli del Natisone e quella dell’Isonzo, fino alla cascata Veliki Kozjak (Kobarid/Caporetto – Slovenia).

sabato 23 aprile 2016

I Caminesi vivono ancora a Treviso?

Treviso, piccola città poliedrica dai mille colori, è capitanata da Caminesi.
Ma chi sono i Caminesi? I da Camino erano una nobile famiglia della Marca Trevigiana nel periodo medievale. Verso la fine del 1100 acquisirono grande autorità nella Marca, spodestando la famiglia da Romano, loro nemici storici. Sostenitori dei guelfi, nel secolo successivo ottennero la preminenza su Treviso, aiutati anche da Alberico da Romano, fratello del terribile Ezzelino, temporaneamente staccatosi dal partito imperiale. La lotta con gli Ezzelini però non finì lì, Alberico, ravvedutosi, finì ucciso nel peggiore dei modi, e con lui tutta la famiglia. La storia degli Ezzelini si concluse con un massacro. Gherardo da Camino andò al potere nel 1283, divenendo il signore incontrastato della Marca. Il declino e l’estinzione dei Caminesi arrivò nel secolo successivo a vantaggio della Repubblica di Venezia.
Un brevissimo riassunto che non lascia spazio ai singoli uomini, alla mania di grandezza, alla sete di potere, ai sotterfugi e agli incontri clandestini. La Treviso medievale era sopra e sotto il suolo, lungo i cunicoli bui della Treviso sotterranea.
Di questo, in parte, parlo in Nero Assoluto, un romanzo fantasy, sì, ma non tanto fantasioso.

«Uomini di potere, stregoni, poeti, gente comune. Progenie di famiglie maledette. Persone con doppie vite che strisciano sotto ai tuoi piedi.» Usò un tono gelido, basso e talmente calmo da darmi i brividi.
«Usi spesso questo termine, strisciano. Perché continui a parlare di un posto sottoterra? È una maniera assurda per descrivere l’inferno?»
Piegò la bocca in un ghigno. «No. Parlo della vita nella Treviso sotterranea, la stessa che per secoli è stata celata alle persone comuni.»
«Che cosa?», ribattei allibita.
«Non te ne sei ancora resa conto? Questa città è nelle loro mani. Politici, storici, ricercatori... tutti corrotti o plagiati. Accade soltanto ciò che loro comandano. Una volta, se ricordi, ti ho spiegato la differenza tra te e le persone mediocri: mentre la maggior parte degli uomini si adatta, tu continui a cercare la verità. Te la sto offrendo su un piatto d’argento. Puoi accettarla?»

Questo breve estratto di Nero Assoluto (parte seconda) racconta una visione particolare della Treviso attuale e degli uomini al suo potere.
Da un po’ di mesi, in concomitanza con la riapertura di determinati passaggi dell’ipogeo (fino a un anno fa completamente preclusi agli speleologi con ordini dittatoriali), mi chiedo se in queste frasi ci sia del vero.
All’apparenza Treviso appare gioviale, ricca di eventi culturali di ogni genere, viva e aperta al turismo. Ma, per esperienza diretta, mi rendo conto sempre più che la realtà oggettiva si discosta di un pelino. Vedo giovani ricchi di talento rifiutati dai signori della Marca. Vedo corsie preferenziali e giornalisti pilotati. Vedo una piccola casta. Un po’ come accadeva ai tempi dei Caminesi. Vedo politici, storici, ricercatori... tutti corrotti o plagiati. Finzione o realtà? Frutto di una mente troppo fantasiosa? Chissà.
Certo è che l’assessore alla cultura di Treviso non ha mai risposto alle mie mail. Che Nero Assoluto tocchi argomenti che devono rimanere nascosti?
La città che un tempo amavo ciecamente ora per me nasconde molti punti di domanda.

Dunque, qual è la differenza tra reale e irreale?


mercoledì 16 marzo 2016

Nuovi inizi - Figli del Sole

È da tantissimo tempo che non scrivo un post su questo blog. È stato un periodo molto, molto intenso. Un trasloco, un cambio di vita e un nuovo libro. Parlerò di quest’ultimo. Figli del Sole non è ancora stato pubblicato, attualmente è in revisione e penso sarà pronto per inizio maggio, tanto per festeggiare degnamente il mio compleanno.
È una storia diversa da quelle scritte finora. Più matura, più cupa, più impegnata. Ho voluto sondare tutta la sofferenza dell’animo umano, arrivare al fondo e scavare. Un libro che rappresenta perfettamente l’ultimo anno e mezzo vissuto. Ma Figli del Sole non è solo questo e la trama non è unicamente nera. È un libro che, mi auguro, faccia scendere il lettore a contatto con le esperienze più intense della sua vita, lo faccia riflettere, lo porti nell’inconscio per condurlo poi alle radici più profonde, là dove tutto inizia. Solo a quel punto sarà possibile risalire verso una spiritualità che non è scontata né definita.
Un libro che parla di Friuli e di Veneto, di energia e luoghi di potere, di Grande Madre, mitologia sumera, indiana, babilonese, celtica. Un percorso di crescita personale in cui tutto si fonde in una trama strana, insolita. In queste quasi quattrocento pagine mi sono persa e ritrovata, ricominciando da zero.
Ecco, mi auguro che i lettori possano provare anche una minima parte di quello che ho vissuto io in prima persona. È stata a tutti gli effetti un’avventura che mi ha condotto in luoghi nuovi e fatto conoscere persone meravigliose, avvicinandomi a realtà diverse dalla mia.

giovedì 14 gennaio 2016

Odio i self


Buffo titolo, vero? In pratica è come dire “odio me stessa”. Sono “self” dal febbraio del 2012, uno dei precursori in Italia, su Amazon. In questi quattro anni, che in realtà mi sembrano cinquanta, ne ho viste di tutti i colori. Ho commesso errori madornali, ho litigato, ho e sono stata bannata, ho pianto, mi sono sentita un Dio. Il meraviglioso e tremendo mondo dei self. Oggi sono quasi nauseata da questo mondo, tanto da vivere ai suoi margini. Ho la mia pagina autore, i miei profili sui vari social, una serie di gruppi ai quali sono iscritta (o a cui, mio malgrado, mi hanno iscritto), ma ho abbandonato quasi del tutto la promozione.

Gli errori madornali che ho fatto all’inizio sono stati molti, i seguenti sono alcuni:

1- Mancanza di editing. Quello che mi recrimino di più. La mia prima saga è uscita così com’era, senza revisioni. Pur vendendo molto bene, sono arrivate le bastonate. E che bastonate. Da lì è iniziato un lavoro che non ha ancora fine, revisione dopo revisione. Fino a oggi, anzi, fino alla primavera che deve venire, quando riprenderò in mano tutto TRI per una riscrittura.

2- Pubblicizzare i libri e non il mio nome. Per essere conosciuto un autore deve pubblicizzare se stesso, non ciò che scrive. Social, siti, banner... tutto rivolto ai titoli anziché a Lorena Laurenti. Terribile errore che sto lentamente correggendo. Mi fanno ridere quelli che dicono “scrivo in piccolo il nome sulla cover così si nota meno”. Lo scrittore è di per sé vanaglorioso, vuole essere letto. Allora pubblicizziamolo questo nome!

3- Stare male per le recensioni negative. All’inizio ogni giudizio sfavorevole era una pugnalata in pieno cuore. Lo era perché di fatto sapevo di non avere dato il massimo, di non avere un italiano perfetto, di non avere una storia impeccabile. Ora non è più così. Sono orgogliosa dei miei nuovi libri, so che sono scritti bene e il resto è solo gusto personale. Se non vi piace quello che scrivo, leggete altro.

4- Sono sempre stata troppo buona. Il mondo self è invidioso e vendicativo mentre io all’inizio volevo condividere tutto. Ora bado bene di farmi i fatti miei. A volte ho la tentazione di commentare lavori altrui sui social... mi mordo le mani e sto zitta.

5- Credere negli amici e nei parenti. Gli amici (se non una cerchia ristrettissima) e i parenti NON compreranno mai i vostri libri e, se glieli regalerete, non li leggeranno. Il motivo non mi è ancora ben chiaro, ma è così. Inutile starci male. All’inizio soffrivo, ora mi dico “peggio per loro, perdono una parte molto profonda di me”.

6- L’ansia da promozione. Pianificavo tutto, mi scervellavo ore e ore al giorno su Twitter e Facebook per avere più contatti, più mi piace, più pubblico. Pianificavo un tot di ore giornaliere alla promozione. Tempo sprecato. Quasi tutto. A un certo punto mi sono resa conto che farlo o non farlo mi portava alle stesse vendite. Anzi, a volte la promozione era controproducente.

Oggi vedo i nuovi self di cui, ahimè, alcuni non sanno nemmeno cosa sia l’italiano. Li vedo tronfi delle loro nuove opere, senza editing, con cover terrificanti fatte in casa, con la boria di Umberto Eco. Guardo e sospiro, perché di fatto alcuni dei loro errori sono stati i miei. In mezzo a questo panorama costellato da erotici da quattro soldi, storielle d’amore stile Baci Perugina e fantasy con la profondità di una pozzanghera, io cerco di distinguermi non con la promozione ma con la qualità.
Sono a due terzi di Figli del Sole, procedo molto lentamente perché la storia è complessa, i personaggi intricati. Cerco di entrare in ognuno di loro; a ogni dialogo mi chiedo “parlerebbe così in questa situazione?”. Un lavoro ricercato, minuzioso, dove l’obiettivo finale è trasmettere un messaggio al lettore, farlo riflettere, portarlo in uno stato di coscienza profonda.
Sono stanca della maniera superficiale in cui tanti pseudo scrittori si propongono, finalizzati solo al guadagno e con zero investimento. Se il lettore paga ha diritto a un prodotto di qualità. Questo è quanto.
Ultimamente odio i self. Anche se, bisogna dirlo, non è che con le case editrici sia diverso.
Questo 2016 inizia con un periodo di riflessione in cui io voglio solo scrivere, dando il massimo di me stessa.