Oggi è l’otto marzo, la festa delle donne. Anche se è emerso che i dati circa l’incendio alla fabbrica tessile sono perlopiù falsi o comunque datati erroneamente, si è scelto di festeggiare in questa data i diritti di tutte le donne.
Oggi non ho ancora ricevuto alcun augurio da parte di uomini. Tanti da parte di donne. Sicuramente, prima di sera, qualche uomo me li farà questi auguri, per dovere più che altro. Sono convinta che la maggior parte del genere maschile davanti a una festa simile pensi: “Che palle, sempre le donne le privilegiate! Perché non esiste una Festa del Maschio?” In pochi riusciranno a scorgere il vero significato di questo evento. D’altronde anche per alcune di noi donne è così: si sta trasformando in un’altra ricorrenza commerciale.
Per me no. In questo periodo della mia vita sto “lottando” con il mio essere donna, con problemi di salute e problemi molto più profondi, che scendono nell’anima. Le mie ave sono furibonde per il trattamento che gli uomini hanno riservato loro, e io porto in discendenza tutto questo risentimento. Tanto da ammalarmi.
Le donne sono state ferite, torturate, maltrattate fisicamente e mentalmente. Erano troppo deboli, troppo insicure per alzare la testa in un mondo di uomini al potere, dove bastava una parola di troppo per essere messe al rogo.
Siamo state fragili e insicure, non abbiamo mai preteso nulla se non, timidamente, di esistere. Ci hanno costretto a essere “inferiori”, non potevamo studiare, non potevamo parlare... eravamo oggetti, niente di più.
Ma non è stato sempre così. Noi, un tempo, eravamo dee. Eravamo venerate come Madri, come fonti di tutto. La maggioranza degli uomini di oggi non ricorda, non rammenta i soprusi né come eravamo anticamente. Pensa solo: “Che palle, sempre le donne le privilegiate! Perché non esiste una Festa del Maschio?”
E allora siamo noi a dover loro ricordare: noi siamo dee, per questo non esisterà mai la parità dei sessi. Non può e non deve esistere! Riusciamo a fare tutto quello che fanno gli uomini e di più. Abbiamo una sensibilità nell’animo che loro possono solo sognare. Siamo semplicemente diverse.
Dobbiamo ricordare, riportare dai meandri della memoria la prima donna. E da lei attingere forza.
La cosa difficile in tutto questo è non scivolare nell’opposto. Non ha senso denigrare gli uomini perché nemmeno loro rammentano chi erano. Per cui, il mio augurio per questa giornata è molto semplice: ricordiamoci chi eravamo e perché siamo venuti qui. Basta con le parti imposte dalla religione, basta con i vincoli della società.
È ora di essere.