Vi è mai capitato di scrivere un post su Facebook, magari sfogandovi per una determinata situazione, e di leggere tra i commenti quello del “guru filosofo”? Lui/lei, essere onnisciente, dirà sempre che il problema è vostro. Badate bene, ha ragione, e nella sua filosofia spiccia o nella frase copiata da Osho c’è una grande verità, ma questo personaggio non si rende conto che, molto spesso, invece di fare del bene con quell’intervento, fa l’opposto.
Io un tempo lo ero. Ebbene sì, mi pregiavo del titolo di guru filosofico. Avevo iniziato da poco il mio percorso di cambiamento e volevo che tutti cambiassero con me. Chiamatelo entusiasmo, eccesso di zelo o semplicemente eccessiva stima per me stessa, ma io amavo elargire consigli. Vedevo gli altri come esseri bisognosi che ancora non arrivavano a comprendere profonde verità. Persone cieche, come direbbe Isa (vedi Nero Assoluto), che io, grazie alla mia “luce”, potevo portare a nuova consapevolezza.
Ho capito con il tempo quanto sbagliassi. Mi sono resa conto dei limiti e dei trascorsi di ognuno, realtà che io non posso conoscere. C’è chi non è assolutamente pronto a far “entrare” nuove idee o a cambiare, c’è chi non può nemmeno capire il senso di determinate parole. Meritano meno rispetto per questo? No. Perché anche loro, come me, sono in cammino. Allora ho smesso, permettendomi di dare qualche consiglio solo a persone che sento predisposte a riceverlo. È un po’ come parlare di dieta vegana a un carnivoro convinto. Perché sprecare energie o apparire pazzi esaltati? È contro produttivo. Molto meglio dimostrare con il proprio esempio l’efficacia di una determinata cosa. Chi è pronto a comprendere, comprenderà.
Nonostante questi presupposti, io continuerò a sfogarmi su Facebook, e i guru filosofici continueranno a rispondermi con frasi preconfezionate. Allora, perché farlo? Come mi scrive una mia amica, che rivendica pure il diritto sulla frase (by Laura): “È colpa tua, ha ragione il popolo ignorante! Non so perché cerchi il confronto con il mondo”. Perché lo cerco? Forse per sentirmi parte di una comunità o per avere una pacca sulla spalla virtuale. Magari è una sorta di appagamento per la mia “parte bambina”, qualcuno che mi approva e mi sostiene. Forse questo.
Quando scriviamo un nuovo post, in qualche modo speriamo di avere sostegno e appoggio. Il guro filosofico ci sta sulle palle perché invece ci riappioppa le responsabilità. E si sa, i maestrini danno fastidio a tutti.
Bisognerebbe esaminare le proprie emozioni prima di scrivere qualunque cosa. Dovrebbe farlo sia chi si lamenta sia chi si sente in dovere di insegnare. Possibile? Teoricamente corretto, fisicamente improbabile.
Allora ha ragione Laura: facciamoci i cazzi nostri e condividiamo solo gattini.