venerdì 30 agosto 2019

Non comprerò mai più mobili all’Ikea


Sono una cliente storica Ikea. Quando ancora non c’era la sede di Padova né di Villesse, andavo fino a Vicenza, e ricordo rocamboleschi viaggi con il terzo passeggero disteso sopra i mobili sui sedili ribaltati.
In realtà dovrei dire che ero una cliente storica perché dopo l’ultima esperienza ho deciso che mai più acquisterò mobili Ikea.
Da almeno cinque anni la qualità è scesa. Scesa vertiginosamente. Hanno iniziato a risparmiare sul materiale delle viti, e adesso ti danno i mobili in un surrogato del truciolare.
Durante le ferie ho deciso di risistemare il mio studio e, dopo aver visitato diversi mobilifici, ho optato per Ikea. Ho trovato Brusali, un mobiletto carino, dall’aria retrò, e ho deciso di prenderne due. Sembrava molto solido in negozio, forse perché era avvitato al pavimento. Avrei dovuto verificare con più attenzione la struttura.
Fatto sta che dopo aver svuotato i vecchi mobili e accatastato tutto in cucina, ho fatto il giro all’Ikea per gli acquisti. Una mattina persa in negozio e un’altra mattina persa nel tentativo di montare il primo mobile. Il materiale dei pannelli era così scadente che le viti non riuscivano a stare su: stringendole si spaccava il “legno”. Dopo aver imprecato per due ore, ho deciso di smontarlo e riportarlo in negozio, per andare in seguito in un altro mobilificio e acquistare la mia opzione numero due.
Al reso i commessi hanno voluto sapere cosa fosse successo e, mostrato il problema, non hanno aggiunto nulla. Hanno tentato di propinarmi una tessera buono, ma io dovevo comprare altro e volevo i soldi. Ho dovuto insistere per averli, e si sono anche confrontati in due. La sorpresa? Siccome ho pagato con bancomat, non potevo avere contanti. Assegni figuriamoci. Dovevano farmi un bonifico. Tra me e me ho pensato “ok, in tre giorni arriva, anticiperò i soldi per l’altro mobile ma avrò subito il denaro a disposizione”, peccato che il commesso abbia decretato dai quattro ai sette giorni. A nulla sono servite le proteste.
Seduta in disparte, ho cercato l’IBAN, nel frattempo la coda è aumentata e per riuscire a comunicare i dati ho dovuto attendere un’ora. Insomma, due giorni di ferie bruciati per niente. Il pomeriggio ho comprato la madia vista da Casa Tua che, con un piccolo extra, mi hanno portato e montato due giorni dopo. Bella e solida.
Il tutto è accaduto tra il 19 e il 20 agosto. Dopo sette giorni ho scritto una mail di sollecito, alla quale mi hanno risposto che la pratica era in fase di elaborazione (ma non dovevo ricevere i soldi entro massimo sette giorni?). Altri due giorni dopo mi ha scritto l’ufficio competente dicendo che avevano provato a contattarmi (balla) e che l’IBAN era sbagliato. Forse perché non avevano messo l’IT davanti, cosa elementare per qualunque ufficio amministrativo. Ho rimandato i dati, sempre più irritata, e atteso altri due giorni. Ancora niente.

Oggi sollecito di nuovo a entrambe le mail e scopro che i solleciti a Ikea non piacciono, infatti per due volte di fila mi arriva un messaggio automatico:
La ringraziamo per averci contattato, per aprire una segnalazione deve utilizzare l'apposita pagina direttamente dal nostro sito web  www.ikea.it
Il mio bonifico? Non si sa.

Cara Ikea, se hai deciso di perdere i clienti, sei sulla buona strada. Per quanto mi riguarda, non acquisterò più nessun mobile da te.

lunedì 5 agosto 2019

Aiutare concretamente la vita



In questi giorni difficili per la Terra più che mai sto pensando a cosa significhi essere sciamana. Sento tante voci diverse, opinioni contrastanti. Scienziati che parlano del riscaldamento globale dando la colpa esclusivamente agli errori umani, altri ricercatori che assicurano si tratti di un ciclo su cui non abbiamo potere. Sento maestri spirituali parlare in un senso o nell’altro. Ascolto messaggi di persone allarmate che urlano alla tragedia imminente e altre che ridono dicendo che non accadrà proprio nulla.

Basta. Ho bisogno di silenzio.

La verità è che provo un’enorme sofferenza guardando l’Alaska in fiamme, gli animali arsi vivi e pensando al disastro ambientale. Provo sofferenza vedendo l’Amazzonia disboscata. Provo sofferenza vedendo gli animali marini imprigionati dalla plastica. A volte è un dolore sordo e antico, una memoria di vite passate probabilmente, altre volte violento, da lasciarmi senza fiato. C’è senso di ingiustizia e una sola domanda emerge: perché?
C’è chi dice evoluzione: eravamo d’accordo fin dall’inizio nel fare determinate esperienze per evolverci. C’è chi parla di akasha di anime antiche in riequilibrio, c’è chi parla di una maniera per far “ripartire” la vita e creare nuove risorse, c’è chi crede che sia Gaia stessa a ripulirsi dalle energie negative attraverso questi, per noi, disastri ambientali. C’è chi ignora qualunque motivazione che non sia spiegabile scientificamente.

Basta, non ne posso più.

Non voglio seguire una voce sola perché ho imparato, da tutte le mie esperienze, che chiunque può sbagliare o cambiare idea. Perché siamo arrivati qui e cosa ci sarà? Può attendere. Ho deciso di restare nel presente, nel qui e ora. Arriverà una mini era glaciale e quindi non c’è da preoccuparsi dei 30° in Alaska? Benissimo. Fatto sta che fino a oggi, in Alaska è bruciato l’equivalente di 100mila campi di calcio. Come due regioni italiane messe insieme. Migliaia di animali continuano a morire ogni giorno. Sono numeri. Prendo il caso dell’Alaska perché è il più grosso oggi, ma potrebbe riferirsi a qualunque situazione tragica nel mondo. Quello che avverto in questo momento, non solo come bisogno personale ma anche come dovere, è di distaccarmi dalla mia sofferenza, centrarmi e aiutare, per quanto nelle mie possibilità, ogni forma di vita. Mandare energia di amore compassionevole a Gaia, agli animali, alle persone. Collegarmi con le frequenze più alte e inondare la Terra. Ogni giorno, più volte al giorno. Continuare a co-creare un mondo migliore, in equilibrio, ma non solo a parole, con gesti concreti. Se sono un essere “divino”, se il mio pensiero crea, se posso plasmare la realtà, allora ho il dovere di aiutare. In alcuni casi basta la sola presenza per “illuminare”, in questa delicata situazione ambientale è necessario restare nella propria forza e fare di più. Voglio superare il dolore e assistere la vita. Voglio restare connessa al mio “sentire” spegnendo tutte le “interferenze” inutili perché, nel profondo, la mia anima sa già tutto, non ha bisogno di qualcuno che la convinca, e le parole di luce che sgorgano dal cuore me lo confermano.
Chi può, aiuti.



© Immagine di Jozefklopacka Oil painting on canvas of a Woman Goddess (regolare licenza commerciale acquistata)