Nero Assoluto è ambientato a Treviso... ma se fosse trevigiano proprio, tradotto in dialetto locale? Insomma, se Erica e Arjuna abitassero sul serio a Treviso, parlerebbero di certo in dialetto! Mi sono posta la domanda e ho tradotto un pezzo con l'aiuto di www.dialetto-veneto.it e la mia "editor" Valentina Facchin. Il risultato è assai comico.
A seguire lo spezzone in dialetto e originale. Buon divertimento!
Me piaseva cincionarme coi corsi e trovavo bea a cultura dei indiani, a stessa che a mare de Arjuna provava a inculcarme, ma là me fermavo.
«Te sta ancora a vardar el disegno?» Quel insemenio me osa daea porta.
«Se sà! I dovaria asarmeo gustar. Te vede anca ti, e gambe xe sbajae.»
E el ridea. A stessa facia de ebete che el faseva con e tose. I denti bianchi che gnanca Mastro Lindo e na pel da teron. I oci i ghe brillava de verde daea luce gialla del neon. «Mona! Te gavevo dito de justarlo intanto che te o fasevi. Te te ricorda? Al solito te ga na testa da batter pai!»
Go fatto finta de pomi e ghe go fatto veder a cartea.
«Scordateo», ga xontà «Stasera no go bae.»
«No te pol dirme de no!» Son ‘ndada sora dei scaini e o go strasinà dentro, tirandoeo per na manega. «Dai, son nelle peste, sul serio... me mare me ga tirà drio na savatta, la vol che disegno su a carta de formai, e po, te sa, a professoressa a me odia.»
«A Rossi? Ma no sta dir cassae, a xe a pì bona dea scuoea», me ga dito pian, intanto chel ‘ndava a sentarse. «In ogni caso stasera no, go sento schede compiae a man da copiar su Excel. E te sa ben che scritura da gaina che ga Isa. Ghe tacarò fin a un boto.»
Go pojà a borsa par terra, visin aea toea. «Prima roba: a xe un mostro, ti te ieri el cocco, a basava a tera dove che te caminavi, ma invese a mi a me odia. Seconda roba: dame na man coi disegni e mi te iuto co Excel.»
«Cea, ti te odia Excel.»
«Odio de pì descrittiva!»
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Mi piaceva dilettarmi con alcune tecniche e trovavo affascinante la cultura dei nativi americani, la stessa che la mamma di Arjuna cercava di farci apprendere, ma non facevo altro.
«Stai ancora guardando il disegno?» La voce arrivò dall’entrata, irriverente come sempre.
«Certo, dovrebbe lasciarmelo aggiustare. La vedi anche tu, la linea delle gambe è sbagliata.»
Arjuna sorrise, lo stesso sorriso che solitamente stendeva tutte le ragazze che gli ronzavano attorno. I denti bianchi risaltarono sulla carnagione dorata, e le pagliuzze verdi dei suoi occhi brillarono alla luce del neon. «Te l’avevo detto mentre lo stavi disegnando, ricordi? Al solito non hai voluto sentire ragioni.»
Simulai una risata sarcastica e gli sventolai sotto il naso la cartella da disegno.
«Scordatelo», aggiunse, «non stasera.»
«Non puoi dirmi di no!» Salii i tre gradini che ci separavano e lo trascinai all’interno, tirandolo per una manica. «Sono nei guai, sul serio... mia mamma è nel pieno di una crisi oscura, vorrebbe farmi disegnare sui fogli riciclati, e poi lo sai, quella professoressa mi odia.»
«La Rossi? Non potrebbe mai odiarti, è senza dubbio la donna più dolce dell’istituto», replicò sottovoce, tornando a sedere dietro al bancone. «In ogni caso questa sera non se ne parla, ho un centinaio di schede compilate a mano da ricopiare su Excel. Sai bene come scrive Isa, andrò avanti per ore.»
Lasciai cadere la borsa a terra e posai la cartella di fianco alla postazione di Arjuna. «Punto primo: lei è un mostro, tu eri il suo pupillo, ti adorava, ma a quanto pare odia me. Punto secondo: aiutami con questi disegni e ti darò una mano con le schede.»
«Tu odi Excel.»
«Odio di più descrittiva!»
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