Siamo un concentrato di superbia ed egoismo. Tutti quanti. Siamo esseri che amano puntare il dito contro gli altri, badando bene di non guardare noi stessi. Amiamo l’esteriorità prima di ogni altra cosa. L’apparenza. Troppo magro, troppo grasso, troppo muscoloso, alla moda, fuori moda, il taglio giusto, l’abito da sera, l’abito da giorno, le scarpe trendy, il tatuaggio, i gioielli... Tutti si affannano per apparire, anche chi dice di non pensarci affatto. Al contrario pochissimi si affannano per colmare lacune intellettuali, per studiare solo per il gusto del sapere, per imparare cose nuove senza un reale obiettivo. Anzi, siamo arrivati a un livello in cui non si va oltre al titolo, basti pensare alle bufale che girano sui social. Come automi, lasciamo che i media scolpiscano la nostra mente, le nostre idee, i nostri bisogni.
Questa mattina mi è saltata all’occhio una diatriba tra due pagine Facebook, una dedicata alle donne “curvy”, l’altra al mondo dei “palestrati supermuscolosi”. I secondi avevamo postato una foto in cui passava il messaggio “se sei rotonda, non puoi puntare a un uomo figo”. Ovviamente la cosa mi ha irritato, ma anche fatto riflettere.
Siamo davvero solo questo? Si tratta solo di chili in più o in meno, di muscoli grossi o sottili? Il flame derivato da quel post era infinito. Quanto tempo sprechiamo per queste sciocchezze?
Un altro esempio mi è saltato all’occhio poche ore dopo, circa la “sanguinaria” mostra di Hermann Nitsch a Palermo. Mesi fa avevo già letto un articolo su questo “artista”, condannandolo subito a spada tratta. Poi, però, incredula di fronte a tanto, mi sono documentata attraverso una semplice ricerca su internet, scoprendo che tutte le parole altisonanti con cui venivano descritte le sue performance, dalle quali si presumeva che questo individuo squartasse cuccioli vivi, erano false. La sua opera consiste sì nel dissezionare animali, ma animali già morti in macello e pronti per la vendita alimentare. Fa schifo comunque? Probabilmente sì, e io non andrò mai a una sua “performance”, ma la verità è molto diversa da quella propinata dal popolo dei social. Ovviamente a seguito di una petizione che lo condanna, migliaia di benpensanti si sono ferocemente indignati e, dal solo titolo, l’hanno condannato a morte dolorosa. Gli stessi che poi mangiano bistecche da allevamento intensivo e comprano i giubbotti con pelliccia vera (solitamente coniglio, cane o gatto brutalmente uccisi).
Le certezze non esistono più perché tutto ciò che si trova online ha lo scopo di ottenere una reazione. Chi pubblica vuole attrarre, cerca consensi. Il bello, il brutto e perfino le tragedie sono abilmente manipolate per ottenere like, per ottenere visibilità e soldi. E noi? Noi ci caschiamo, ovvio. Permettiamo agli altri di manipolarci, di farci perdere il senso del tempo, di tenerci occupati con stupidaggini che ci allontanano sempre più dai veri problemi.
È così semplice puntare il dito, definire il prossimo in base a preconcetti, nascondersi dietro personalità ben studiate. È facile concentrarci sull’apparenza perché la realtà ci fa fottutamente paura. Entrare dentro, superare la corazza, provare a comprendere equivale a spogliarsi, ad ammettere il nostro egoismo. Potremmo scoprire di avere torto, potrebbero crollare le nostre certezze. Allora meglio una vita di poliestere dove i brutti e i cattivi sono gli altri. Meglio concentrarsi sulle stupidaggini, così rassicuranti. Meglio apparire invece di essere.
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