domenica 10 giugno 2012

La fine e l'inizio

Albeggiava. Potevo trattenermi per pochi minuti. Quel luogo pareva immobile, fermo nel tempo come due secoli prima. 
Riuscivo a sentire ancora il profumo. Le volute d'incenso che si mescolavano all'odore di sangue fresco. L'intonaco non aveva modificato l'essenza di quella stanza. Le pareti erano avorio un tempo, e dalla finestra si vedevano i comignoli del palazzo di fronte. I vetri vibravano alle folate di vento e l'aria gelida s'insinuava tra gli infissi. 
L'appartamento diviso con lei. Prima che quella notte segnasse il nostro destino. 
Mi strofinai gli occhi, uno dei pochi gesti sopravvissuti a quell'umanità ormai scomparsa. Il bagliore del cielo mi accecava ma dovevo vedere. Scostai l'ombrello che giaceva a terra, in un angolo della stanza. Ignorando l'odore acre della muffa sfregai il piede sul parquet, togliendo gli strati di polvere. 
Era ancora lì. 
Una piccola incisione, accanto a dove una volta era attaccato il battiscopa. Tolsi con cura i frammenti e le ragnatele e sfiorai con il dito i due nomi. 
Il fiume di ricordi mi portò lontano, quando nella mia vita quella creatura significava tutto. 
Era ancora così nella mia mente: viva. Come se nemmeno un giorno avesse scalfito la sua essenza. Le guance arrossate, gli occhi liquidi e le labbra imbronciate in una deliziosa smorfia infantile. Poi c'era quel battito, profondo, sensuale. Il pulsare ritmico del suo cuore che divenne irresistibile la notte in cui finì e iniziò tutto. In cui il povero e patetico ragazzo divenne una bestia assetata di sangue. 
Non doveva accadere. Non così. Quella scena mi aveva tormentato per decenni. Non era stata la sua voce, né le sue parole imploranti, nemmeno il suo sguardo mi aveva toccato. Erano state le sue mani, il suo corpo. Immobile, inerme, quasi avesse paura di sfiorare il mostro. Preso da una sete folle non mi fermai. Lasciai che la vita le scivolasse di dosso. La mia prima vittima. Il mio amore. 
I suoi ricordi divennero miei, le sue emozioni mi sovrastarono. Sentii la sua paura come mi appartenesse, il gusto aspro dell'odio e il desiderio, sublime finzione. 
Funziona così, mi spiegarono poi. Gli umani non soffrono morendo, il dolore della lacerazione passa in fretta e un'estasi li pervade. 
Guardai per l'ultima volta l'incisione ricordando con nostalgia il mio nome da mortale. Una piccola goccia rossa ricadde a terra. Mi asciugai il viso e increspai le labbra in un sorriso amaro. Feci ondeggiare l'ombrello sul palmo della mano e uscii. 
Addio, sussurrai mentalmente. Non sarei mai più tornato in quella stanza.

Terzo classificato al concorso: "Abbandono di racconti" (brano ispirato alla foto che vedete nel post), organizzato da "Al Santo Cafè" e "Gruppo Arte Povera Foto"

8 commenti:

  1. il titolo del post me l'hai rubato! :/

    RispondiElimina
  2. ??? io questo racconto l'ho scritto a febbraio! ;P

    RispondiElimina
  3. Mi è piaciuto. E' interessante e scritto bene: ti fa venire voglia di saperne di più. Può essere un bello spunto per una nuova saga ;D

    RispondiElimina
  4. Mmmh non credo farò mai un romanzo sui vampiri... troppo abusato ormai... Ma ho già un'idea per un urban fantasy ;)

    RispondiElimina
  5. Ciao lorena..sono una fan sfegatata di tri..in un mese ho divorato entrambi i libri..
    Sono pronta ad acquistare subito il terzo(su kindle :D). Quando pensi uscira'?
    P.s. mi raccomando trattaci bene Ebraim..siamo tutte pazze di lui

    RispondiElimina
  6. Grazie :D
    Sono a pagina 230!!! Ancora un po' di pazienza... conto di farlo uscire ad Agosto (spero...)
    Certo che tratterò bene Ebraim, anch'io sono pazza di lui! ;) ma ci saranno delle inaspettate novità! :D

    RispondiElimina
  7. Urca urca, mi sono imbattuto in una che scrive e alla grande anche. Bello il tuo racconto e scopro che hai pubblicato anche un, anzi, due libri. Complimenti. Seguirò il tuo blog.

    RispondiElimina
  8. Grazie Filippo, troppo buono, come ti dicevo sono solo un'esordiente comunque :D

    RispondiElimina