Il cielo soleggiato del mattino divenne plumbeo. Sofia alzò gli occhi al campanile che svettava nella foschia come un’ombra lugubre. In quel luogo tutto ebbe inizio, e i sentimenti che le procurava erano molto complessi. Nella sua testa lottavano pensieri passati e presenti, emozioni che non poteva più controllare. Amore e odio si alternavano in una danza serrata, lasciando spazio a un’unica verità impellente: paura. Più le ore passavano, più il panico la tormentava, quasi quegli otto secoli non fossero minimamente pesati.
Inforcò gli occhiali da sole e coprì la bocca con il foulard di seta che le circondava il collo. Il suo passo si fece più veloce; scivolò tra i passanti come uno spirito invisibile, schivando con grazia le anziane signore che arrancavano uscendo dalla funzione religiosa. Voleva andare a casa, nell’unico luogo vagamente familiare per lei. Aveva rimesso piede in quella vecchia villa a due piani da un paio di mesi, dopo essere mancata per oltre un anno. I vicini in quella zona non facevano domande, osservavano da lontano e, se per caso diventavano improvvisamente curiosi, era facile tenerli a bada. Ma non erano di certo i vicini a preoccuparla, sapeva perfettamente chi l’aspettava oltre l’uscio. Dargo diventava ogni giorno più tangibile e il momento che pareva così distante stava per giungere.
Passato ponte San Francesco, s’infilò in un vicolo laterale, al riparo da sguardi indiscreti. La pavimentazione da asfaltata si trasformò in un ciottolato, sassi irregolari che le impedivano di mantenere il ritmo con i tacchi che portava. Imprecò tra sé e sé e proseguì imponendosi il silenzio.
“Cosa sei disposta a fare per me?”
Quel pensiero emerse di colpo: la frase che l’aveva condannata.
“Che cosa vuoi ancora?”
“La tua anima. Sì, mi prenderò la tua anima, sarà mia per sempre. Me lo devi.”
Nero Assoluto
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