giovedì 25 aprile 2013

Amici 'a chiamata'

“E ti dico ancora: qualunque cosa avvenga di te e di me, comunque si svolga la nostra vita, non accadrà mai che, nel momento in cui tu mi chiami seriamente e senta d'aver bisogno di me, mi trovi sordo al tuo appello. Mai.”
H. Hesse.

Oggi ho postato questo su Facebook, commentando: “Tanti lo dicono, nessuno lo fa.”
Forse sono semplicemente io un caso disperato, o probabilmente busso alle porte sbagliate. Fatto sta che nel momento del bisogno sono davvero poche le persone che “ci sentono bene” nella mia vita. Due o tre amiche mi sono abbastanza vicine, stop. 
Sono altrettanto convinta che se un TIR m’investisse e mi trovassi con tutte le ossa rotte su un letto d’ospedale, probabilmente, qualche amico si farebbe sentire... o almeno lo spero. Il problema sono quelle situazioni in cui le ferite non si vedono e il male ti logora lentamente dentro. Non sai nemmeno spiegarne la ragione o darne un senso. Oggettivamente alcune cose vanno bene, altre vanno male, come per tutti. Eppure alcuni giorni senti di poter spaccare le montagne e altri vorresti soltanto rimanere a letto. Questa seconda alternativa mi capita spesso ultimamente.
A volte cerco d’ignorare la sensazione, sbagliando. Vado avanti con la mia vita, il mio lavoro, la palestra, il teatro, la casa... ma il senso di vuoto resta comunque. Sono in quelle occasioni che un abbraccio fa la differenza.
Sono una persona chiusa, ottusamente introversa ma che ha, nel contempo, un tremendo bisogno della presenza altrui. Uno di quei sciocchi individui che spera che siano gli altri a farsi avanti.
Ormai, alla soglia dei miei trentaquattro anni, ho compreso che la vita non va così. Che non sono mai, o quasi mai, gli altri a farsi avanti ma, in una puerile vena di ottimismo, ci spero ancora.
Poi ci sono gli amici di comodo, quelli che, pur sapendo che passavi un brutto periodo, ti rivedono dopo un mese e dichiarano falsamente: “Ah, stavi male? Potevi farmelo sapere.”
Certo, caro amico, la prossima volta ti manderò una raccomandata.
Oppure quelli che, presentandoti sotto casa loro all’una di notte, ti dicono: “Vuoi qualcosa da bere?”
Amicizie di comodo, amicizie stile “ho una sera libera e non so cosa fare, aspetta che chiamo...”.

A volte mi sembra di elemosinare abbracci, tuttavia mi rendo conto che è soltanto una mia predisposizione mentale... lo so, lo so, bisognerebbe guardare le cose da punti di vista alternativi. Bisognerebbe evitare di autocommiserarsi.

Domani, non oggi.

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