Noi non siamo mai andati molto d’accordo. Eravamo come cane e gatto: stesso orribile carattere, stessa cocciutaggine, opposta visione della vita. Due persone con una scorza dura certe di essere nel giusto. Tu amavi il concetto di “famiglia antica”, io volevo, e continuo ad ambire, la libertà.
Fin da quando ero una bambina, non abbiamo fatto altro che litigare. Urla, grida, tempeste di parole. Forse proprio per la prima caratteristica evidenziata: noi siamo ricci, persone difficili da conquistare e che preferiscono tenere tutto dentro.
Eppure ci sono stati dei momenti belli, in cui mi sono sentita compresa e fiera. Ricordo il giorno che sei venuto a montarmi il condizionatore con il tuo amico. Ero arrabbiata perché camminavate su e giù sopra al tappeto chiaro con gli scarponi. Avevate le mani sporche e lasciavate le impronte sul muro. Mi dava sui nervi il tuo amico. Però tu non ti sei lamentato. Hai portato quell’arnese pesante su per le scale e cambiato tutti i tubi. Due anni fa... se non ricordo male, era poco prima che ti diagnosticassero il cancro.
Poi ricordo la scorsa estate, quando pensavi di essere guarito. Sei venuto con me in un paesino sperduto della Slovenia per fare un mercatino. Era il 16 agosto e faceva un freddo cane. L’agosto più freddo degli ultimi anni. Guardavi con aria allucinata i ragazzi in cosplay e, all’ora della cena, mi hai portato un cartone con la pizza più indigesta del mondo. Quella giornata ha significato tanto per me. Nella tua vita solitaria seppur in famiglia, mi sono sentita vista.
Eh, lo so. Dovrei smetterla con queste “necessità da bambina”, perché ormai sono grande. Eppure quel giorno sono stata felice.
Ovviamente poi abbiamo litigato ancora e ancora. Forse sono arrivata a odiarti. Ma era un odio dettato dal bisogno.
Ora che non ci sei più, mi trovo a pensare a quei momenti con nostalgia. Sere come questa, ti rivedo nel letto con il fiato corto, mentre speravi da un lato di guarire, dall’altro che la morte ti portasse via.
Avrei voluto essere più sincera in quei giorni, dirti in faccia che non potevi guarire. Alla fine sono riuscita a chiederti solo cosa pensassi circa la vita dopo la morte, offrendoti la mia visione in cambio. Ora lo stai vedendo con i tuoi occhi. Mi dispiace per questa ipocrisia, è l’unica cosa che non mi perdono. Ma ora tu sai molte cose più di me e ricordi.
Ricordi la nostra vita precedente? Ricordi quando ci siamo già incontrati? Quando io ero il tuo mondo?
Alla fine anche questa vita è stata un battito di ciglia. E ci rincontreremo, già lo so. Un giorno mi addormenterò anch’io e mi risveglierò al tuo fianco... allora decideremo che nuova esperienza fare.
Forse mi sei venuto a cercare stanotte, ma non credo di essere ancora pronta. Ieri ho ricevuto un messaggio. Aspettami, ora che hai tutto il tempo, e viaggeremo ancora. È difficile scindere il ruolo che hai avuto in questa mia vita da quello che tu sei. Ho bisogno di tempo.
Per ora sei ancora il mio papà. Ho sempre pensato che le tue attenzioni per me fossero solo briciole. In realtà ora capisco che era tutto ciò che potevi darmi. Per questo ti ringrazio.
Una delle ultime sere, mentre ti avvolgevo con la mia energia, ti ho rivisto bambino, solo e triste. Come potevi darmi altro? Ora non sei più solo. Ora sei tutto.
Grazie, papà. Io sto ancora un po’ qui, poi ci rivedremo.
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