domenica 24 marzo 2013

Perché si scrive?

C’è chi lo fa per se stesso. Chi lo fa per esprimere le proprie idee. Chi lo fa per “essere qualcuno”. Indipendentemente dalla ragione, lo scrittore vuole farsi leggere, altrimenti non si pubblicherebbe (o ci proverebbe).
Io ho iniziato a scrivere per necessità: volevo dar vita a una storia che diventava ogni giorno più assillante. Volevo farla conoscere al pubblico e mettermi in gioco. 
Mettersi in gioco... farlo non è facile, e nemmeno accettarne l’esito. 
Anche se i personaggi sono totalmente inventati, in ogni libro c’è qualcosa dell’autore: idee, pensieri, esperienze. 
Nei miei c’è molto... anzi, tutto di me. Un amico mi ha chiesto se oltre a Saira, c’è un personaggio in particolare che sento o che manifesta un lato della mia personalità. Ovviamente c’è, e più di uno. 
Nella mia vita vera, se si può davvero fare una distinzione, sono maturata assieme ai personaggi. Quando ho iniziato a scrivere stavo male, soffrivo per una serie di problemi cui non vedevo uscita, poi tutto è cambiato. 
Ho riportato nei libri, con facce e nomi diversi, esperienze vissute in prima persona, dolori e rancori legati al passato. In qualche modo li ho esorcizzati tra le pagine... ma la tristezza è rimasta. 
Tanti dicono che si deve dimenticare il passato e andare avanti, secondo me è una stupidaggine. Il passato fa parte di noi, anzi, ci porta a essere ciò che siamo. Possiamo struggerci con pensieri distruttivi oppure guardare in faccia la realtà di quello che abbiamo vissuto, capire gli errori e muoverci di conseguenza... per migliorare il futuro. 
Ci sono persone cui non penso più ogni giorno, ma che continuo a sognare la notte, perché il mio inconscio le ha ancora ben presenti. 
Rispondendo a quell’amico, posso dire che oltre a Saira mi stanno particolarmente a cuore Ebraim e Ryala, certe volte mi rivedo in Zora e amo il modo in cui Aron è cambiato nel terzo libro. Loro non sono soltanto frasi scritte, vivono dentro di me e sono parte di me. 
Proprio per questo motivo per uno scrittore è dura accettare le critiche, è difficile mostrarsi al pubblico... perché l’autore è la sua opera. O almeno è così nel mio caso.

Disegno di Roberto Rizzato

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