venerdì 24 ottobre 2014

Le cose possono cambiare

Ero a letto. Fissavo il soffitto come ogni sera e pensavo. Mi piace dedicare del tempo a una sorta di diario mentale, riflettere e sognare a occhi aperti; un piccolo rituale della buona notte. A volte i pensieri sono positivi, a volte riguardano il lavoro, altre ancora, purtroppo più ricorrenti nell’ultimo periodo, sono negativi. Alcune sere mi volto e mi metto a dormire, sperando di zittire la testa.
Questa sera c’era un unico, enorme pensiero, ed era dedicato a una persona rientrata da poco nella mia vita. Prima ero troppo giovane per capire, poi non era il momento giusto, adesso sento la necessità impellente di agire. Ho sbagliato anni fa e non voglio accada più.
Mentre mi scervellavo sulla maniera più concreta per muovermi, viste le scarse possibilità, ho pensato che, se non altro, potevo scrivere le mie considerazioni. Mi sono alzata e, con il plaid di Hello Kitty sulle spalle, ho riacceso il pc spento da poco. Ogni tanto sento l’esigenza di buttare fuori le riflessioni prima che sfuggano.
Ho trentacinque anni e non sono più una ragazzina, anche se dentro mi sento come una sedicenne, i casini e gli errori della vita pesano sulle spalle. Ne ho fatti tanti e sicuramente continuerò a farne. Ho capito che nulla su questa terra può essere o andare in maniera perfetta e che, a volte, abbiamo bisogno delle delusioni per capire qualcosa di più grande. Mi sono anche resa conto che l’amore da fiaba non esiste, come non c’è il principe azzurro, che ognuno di noi è pieno di difetti e che la vera magia sta nel comprenderci a vicenda e nello scorgere le piccole cose. In questo enorme ragionamento che porto avanti da giorni, ho compreso una cosa tanto semplice quanto immensa: io non voglio la perfezione e, comunque, non si può amare tutto. L’ideale perfetto di uomo non esiste e, se esistesse, probabilmente viverci assieme sarebbe noioso.
Un’amica oggi mi ha detto una cosa molto bella: “Mettiti davanti allo specchio e spiega a Lorena che è la persona a cui dovrebbe tenere di più al mondo, quella di cui dovrebbe prendersi cura, quella che è sempre con lei. Nessuno spazio per gli idioti che non la meritano.”
È vero, ha perfettamente ragione. Negli ultimi mesi cercavo ossessivamente un compagno, qualcuno che riempisse almeno in parte l’enorme vuoto che sento, ma stasera, a conclusione del ragionamento, ho capito che la situazione è cambiata. Non voglio più che un uomo mi completi. Io so che posso fare da sola.
Quello che provo ora è un sentimento nuovo, mai sentito prima. Non più una necessità maniacale appesa al collo come un macigno, ma un’emozione dolce che sale pian piano e si spande. Penserete che sia il ragionamento di una persona molto positiva... niente affatto. Io sono miss negatività in questo periodo: mio padre sta male, il lavoro non va come vorrei, pago le spese a fatica e sono sola. Tuttavia, ogni volta che sento quella persona brilla un po’ di luce. Anche se ritiene di essere sbagliata, negativa e “a metà”, riesce comunque a cambiare le mie giornate. A farmi uscire dal “mio piccolo mondo” e a farmi guardare la vita con un sorriso.
No... non esiste l’amore perfetto, né esistono le famiglie felici stile Mulino Bianco. La vita è un casino, ma si può trovare un’oasi di felicità se lo si desidera, se ci si permette di uscire un po’ dalla propria corazza. Beh... se lo dico io che sono peggio di un templare, allora può funzionare per chiunque.
Io aspetterò lì, fino a quando non capirà che anche se il passato l’ha ferito a morte, ci si può ancora fidare degli altri.

lunedì 20 ottobre 2014

La vita è una matassa ingarbugliata

Noi siamo bravissimi a trattenere le emozioni, a dissimulare, a indossare delle maschere. Ci convinciamo che la vita sia corretta in un determinato modo e lottiamo con tutte le nostre forze per giungere a quel risultato. Nella nostra testa siamo certi che per essere felici dobbiamo ottenere una cosa specifica. Lottiamo contro noi stessi e contro corrente per arrivarci. Non conta cosa sia... un lavoro, un matrimonio, un figlio, uno status. È relativo. Se stiamo male, se abbiamo l’ansia, se non dormiamo, se lo stress ci uccide poco importa, proseguiamo dritti verso il nostro presunto scopo di vita. Non ascoltiamo il nostro corpo né il nostro respiro e non ci permettiamo di cedere. Fino a quando la vita non ci mette davanti a un muro. Succede qualcosa di catastrofico e irreparabile che ci fa tentennare. Siamo fisicamente costretti a fermarci. Ma siamo esseri stupidi e ci piace ingannarci. Neghiamo l’evidenza con tutte le nostre forze, difendendo a spada tratte le scelte fatte e condannando l’ingiustizia della situazione. Purtroppo però, quel dolore non se ne va, quel male silenzioso continua a strisciarci dentro, a consumarci. Arriviamo a un punto di non ritorno: una parte di noi sa che le cose non saranno più le stesse, che il cambiamento è necessario, ma l’altra insiste. Anche se il dolore ci distrugge, resistiamo, tratteniamo quei sentimenti. L’ho fatto e lo faccio anch’io... un’infinità di volte. Me ne sono resa conto oggi e ho ammesso la verità, quello che il mio cuore per tanti anni non si era permesso di sentire.
È incredibile l’effetto che fa sul corpo questa ammissione, e non importa sia essa negativa o positiva. È così. È semplicemente così. Combattere contro corrente non serve.
I muscoli si rilassano, la tensione svanisce, l’ansia scompare e arriva un pianto liberatorio. Di colpo ci sentiamo in pace.
È semplicemente così, ci voleva tanto ad ammetterlo? La consapevolezza della realtà fa cambiare ogni cosa, sposta la nostra energia fino a quel momento trattenuta, ci dà nuova linfa e ci fa sbrogliare un pezzetto di quell’intricata matassa che è la vita.

venerdì 3 ottobre 2014

Momenti di riflessione

Ci sono momenti in cui ci si ferma a riflettere, a volte in bagno o, nel mio caso, in coda in posta, attendendo che qualcuno mi spiegasse perché il Postamat mi aveva mangiato i soldi. Nulla accade per caso e l’universo mi sta dando dei segni e dei sogni molto forti in quest’ultimo periodo.
Per due volte ho scordato il cellulare a casa; una in fiera, ovvero dodici ore scollegata dal mondo, l’altra oggi, nella suddetta posta. Considerato che vivo in simbiosi con la macchinetta infernale, portandomela addirittura in bagno, queste dimenticanze sono degne di nota. Il secondo fatto strano sono i sogni che mi assillano. Premesso che ho sempre avuto una fervida attività onirica e che, addirittura, sto scrivendo un nuovo libro nato da un sogno, per due volte ho rivisto la mia vecchia scuola d’arte: andavo nel magazzino dove tengono l’archivio disegni degli studenti già diplomati e cercavo la mia cartella personale. Lì rivedevo il mio passato, cose che ovviamente non ricordo di aver mai fatto, ma che mi stupivano positivamente. Mi meravigliavo delle mie capacità e sorridevo davanti all’ossessione per i disegni sulla storia che poi è diventata TRI.
Dimenticare il cellulare, ovvero la rappresentazione della mia vita attuale, e andare indietro, alle passioni perdute. Alle mie continue richieste di chiarezza arrivano questi messaggi... ora devo solo scoprire come fare.