giovedì 23 gennaio 2014

Pollice marrone

Chi mi conosce sa che il mio pollice non è verdissimo. Diciamo che oscilla tra il marrone e il verde marcio. Un’amica ha detto che dovrei fare un reality show dedicato alle mie piante in terrazzo, per vedere ogni giorno quale “resterà nella casa” e quale “uscirà”. In sostanza, quando mi alzo il mattino, esco e mi chiedo: “Chissà cos’è ancora vivo oggi.” Da un certo punto di vista è emozionante... ogni giorno una scoperta!
Io e le mie piante non ci capiamo, parliamo due lingue diverse: loro mi dicono “sole”, io capisco “acqua”. Tuttavia, alcune persistono, superano la mia imbranataggine giardinieristica e restano vive, come ad esempio quella cosa verde che pende dal mobile che ho davanti ora, mentre scrivo, non chiedetemi il nome... però è bella.
In terrazzo, tra una pianta di menta decisa a sopravvivere all’inverno, un basilico stecchito, un rosmarino, un ciclamino e un’altra entità botanica non meglio definita, c’è un alberello di limoni. L’ho comprato (ed è costato pure parecchio) appena trasferita in questa casa e, visto il peso massiccio, morirà qui.
Questa pianta di limoni è una metafora della mia vita, me ne sono resa conto oggi. L’ho acquistata bella e rigogliosa, adattata a una forma particolare, quasi artistica. Le ho dato un habitat non ottimale per crescere e migliorare, ma con delle possibilità. Lei, tuttavia, ha avuto grossi problemi fin dall’inizio: prima non capivo la giusta quantità di acqua, e l’ho quasi fatta morire di sete, poi afidi e parassiti hanno iniziato a infestarla.
Per tutta l’estate mi sono affannata con insetticidi e trattamenti specifici, senza ottenere nulla. In autunno ho provato con un altro prodotto biancastro, suggerito da mio padre, che il pollice ce l’ha verdissimo. Ha migliorato la situazione, ma i parassiti non sono morti.
Nonostante tutto, la pianta è sopravvissuta, ha creato foglie nuove e tante gemme. Stanca dei continui trattamenti, a inizio inverno ho preso una decisione: “Legge dell’evoluzione, se supera il freddo bene, altrimenti me ne frego.”
Adesso la mia “limonera” è appoggiata al muro della casa, in un punto riparato del terrazzo, Continua ad avere parassiti di vario genere e qualcosa di nero cola da certe foglie. Alcune addirittura cadono, stremate. Ma è viva e le foglie nuove sono particolarmente rigogliose. Le gemme hanno prodotto dei frutti e conto tre bei limoni di media grandezza. Quelli che c’erano già sulla pianta, li ho raccolti ed erano buonissimi.
Sì, credo che questa pianta sia la metafora della mia vita.

Sopravvivrà all’inverno? 

mercoledì 22 gennaio 2014

Libri da leggere: BRÛLANT

Questa settimana vi parlerò di un romanzo molto particolare, l’autrice, Anita Borriello, ama definirlo “esoterico”. Sto parlando di Brûlant, un urban fantasy intriso di magia e amore.
Iniziando a leggere questo libro vi chiederete: “Embè? Dov’è l’esoterico?” Eh già, inizia come una storia d’amore, un amore infelice: Christian è appena stato piantato da Brigitte, la donna misteriosa e affascinante del quale si era perdutamente innamorato, e i suoi colleghi d’ufficio tentano in tutti i modi di tirarlo su.
Già dal secondo capitolo, però, le cose cambiano e il discorso in prima persona passa a lei, Brigitte. Iniziano le domande e il mistero s’infittisce. Cosa sono le Brûlant, chi o che cos’è l’Archetipo?
Il romanzo, che parte lento, diventa sempre più incalzante, fino ai capitoli finali, dove il batticuore scandisce il ritmo della lettura.
È appena uscito il seguito, Indigo, e io ho già la mia copia autografata sul comodino (grazie Anita!), pronta da leggere!  :)

Di cosa parla:
Immaginate Roma, con la sua magia, ora passate a Praga, con il suo fascino misterioso. Provate a entrare in una realtà nascosta, celata agli occhi delle persone comuni. Scalfite la superficie e scendete uno scalino alla volta. Eccovi al fianco delle Brûlant, a combattere per una missione che continua secolo dopo secolo. Ora pensate all’amore, quello vero, unico e puro.
Pronti a leggere il libro?

Perché mi è piaciuto:
Perché è un mix ben calibrato di magia, amore, mistero e folklore. L’autrice ha saputo fondere eventi storici con fantasia, senza mai dimenticarsi del lato emozionale.

Come leggerlo:
Sia in versione ebook sia in cartaceo a partire da 0,89€ su Amazon...

 

Sinossi ufficiale dell’opera:
Brûlant è un romanzo esoterico che mostra quel mondo magico ben nascosto dalla quotidianità. Il lettore potrà facilmente immedesimarsi in Christian, il personaggio principale, che sarà costretto a partecipare a vecchi rituali, inconsapevole di quanto questi siano radicati nella vita di tutti noi. Tramite la sua relazione con Brigitte, verrà a contatto con le Brûlant, una congrega di sole donne che vive tra di noi da secoli e votata a mantenere in vita gli antichi riti e culti tramandando le conoscenze millenarie di cui sono depositarie. Cinismo e superstizione, folklore e realtà, si contrapporranno e si scontreranno nello svilupparsi della vicenda per fondersi poi in un unico vincitore: l'Amore.




Breve estratto:
Dopo la regressione i sogni furono sempre più chiari e capii perché mi sentissi così in colpa per la sua morte: mi chiamavo Emma, imparavo l’arte delle erbe facendole da assistente e fui proprio io a preparare la pozione che avrebbe dovuto salvare il figlio del barbiere dalla brutta infezione dalla quale era affetto. Purtroppo sbagliai un semplice, stupido, ingrediente accelerandogli la morte invece che la guarigione. In quel periodo dovevamo operare di nascosto nonostante tutti sapessero delle nostre abilità e ne facessero ampiamente uso per fini personali. Eravamo trattate con estrema reverenza finché non compivamo errori. Capitava spesso che le stesse persone che ci pagavano per i nostri servigi ci accusassero di stregoneria qualora non fossero soddisfatti del risultato.
Venimmo a sapere che la donna che aveva segnato la mia prima incarnazione umana altri non era che l’Archetipo: i nostri destini erano inspiegabilmente correlati.
Subito dopo il rogo Emma, spinta dall’angoscia per Mariana e dalla curiosità delle arti magiche, entrò a far parte della congrega totalmente ignara che stesse condannando se stessa, e di conseguenza me, a una vita di memorie, privazioni e sofferenze.
La nostra conversazione telefonica non durò molto: appena confermai a Michelle che volessi lasciare le sorelle compresi da sola che la mia resa era alle porte. Dal momento che si diventava una Brûlant era impossibile tornare indietro.

Brûlant saga

domenica 19 gennaio 2014

Giovani e crisi...

È da un po’ che non scrivo qualcosa di personale su questo blog... oh beh, non che parlare dei miei libri o delle mie letture non sia personale, ma intendo quei post nei quali chi mi odia può farsi gli affaracci miei!
Non m’interessa apparire e, per quanto vi sembrerà assurdo, raramente lascio emergere aspetti davvero personali tra queste pagine. Scrivo le opinioni che chi mi frequenta conosce già, o dovrebbe!
Per iniziare potrei dirvi che in questa desolata provincia sono rimasta da sola, che persone cui tenevo sono sparite come vampiri alle prime luci dell’alba. Ok, lo ammetto, non è un paragone azzeccato considerando tutti gli escamotage che i vampiri hanno trovato al giorno d’oggi per abbronzarsi. In ogni caso, proprio a causa di questo malumore generale, mi chiedo se tutto ciò abbia senso.
Ho investito molto nei miei sogni negli ultimi anni, sarebbe corretto dire che ho investito proprio tutto. Ho avuto e continuo ad avere delle splendide soddisfazioni. Interagire con i lettori è qualcosa di meraviglioso, una sensazione che si può provare solo facendo questo “mestiere”. Poter parlare di qualcosa di tuo e vedere come lo interpretano e apprezzano gli altri è unico, altro che MasterCard!
Tolta la gioia puramente “intellettuale”, non resta granché. Il piacere di scrivere e creare non è da sottovalutare, ma alla fine in mano c’è poco. Oggi sono demotivata, vedo gli aspetti negativi in ogni cosa, però questa realtà è più che evidente. Si può mettere da parte per apprezzarne gli aspetti positivi... non ignorare.
L’Italia è in crisi, crisi nera, e l’editoria ancora di più. A questo si unisce la pirateria, alla quale contribuiamo tutti o quasi ogni giorno. Perché comprare un ebook se posso averlo gratis? Ed ecco che risparmio 2,99€ e me lo pirato. Questo è il pensiero di una buona fetta di persone, soprattutto giovani adolescenti, che oltre a scaricare illegalmente si divertono a copiare. Non scendo sull’argomento perché ne ho già ampiamente parlato in passato, mi limito a ricordarlo.
Un autore serio non ha vita facile: deve creare una buona storia, editarla e preparare il “pacchetto grafico”, poi deve pubblicizzarla. Questo lavoro, soprattutto nella prima parte, richiede mesi, se non anni d’impegno. Giunto alla fine del tunnel, tempo una settimana e il suo lavoro e bello e piratato, scaricabile da tutti.
Per fortuna non tutti scaricano illegalmente, il libro viene anche acquistato, ma l’effettivo guadagno rispetto all’investimento fatto è minimo.
Sono arrivata a un punto in cui mi chiedo: ha senso? Sempre più spesso nutro un desiderio impellente di fuggire all’estero, lontano da tutto e tutti. Ricominciare da zero. Chi me lo impedisce? (La mia avversione per le lingue, probabilmente!)
Oggi è una giornata no. Leggo su FB certi status e rabbrividisco: persone che non hanno mai visto niente e credono di sapere. Altri che si credono uomini di mondo, ma non sono mai usciti dal loro paesino e hanno una mentalità talmente ristretta che in confronto Hitler era un patito degli ebrei. 
Io non so e non faccio finta di sapere. Servirà a qualcosa? Boh.
Depenno un altro nome dalla mia agenda e proseguo lungo il sentiero a cui sono destinata, domani si vedrà.

Ps. Notato che titolo d'effetto? Sembrerebbe quasi un post intelligente, poi uno legge...


sabato 18 gennaio 2014

Nero Assoluto

Mentre scrivo il seguito, vi lascio una piccola preview del primo libro. Il cartaceo sarà disponibile tra pochi giorni presso Youcanprint Edizioni.


Fluttuai in un universo nero come la volta precedente, ma non m’imbattei in nessuna chiesa. Era un mondo astratto fatto di tinte sbiadite dai toni cupi. Diverse gradazioni di grigio si alternavano dando un senso di profondità a quella dimensione piatta. Il mio corpo era evanescente, come una pellicola in negativo: la pelle nera e i capelli bianchi. Nel tempo che impiegai a osservarmi, lo spazio mutò. Al posto delle sfumature presero forma drappi di tessuto: si aggrappavano al cielo, scuro come ogni altra cosa, e si allargavano verso il basso, creando un tunnel di stoffa. Sembrava che quella visione dicesse: seguimi. Ascoltando meglio, mi resi conto che era proprio così, una voce calda e suadente m’invitava ad avanzare. Chiusi gli occhi e dimenticai tutto... cos’avevo da perdere?
Il tunnel proseguì in discesa, ripido e angusto, con solo una flebile luminescenza a rischiarare il percorso. I miei piedi si posavano uno davanti all’altro, in una simbolica camminata: in quella sorta di visione tutto era leggero e incorporeo. Sembrarono passare ore e, mentre la strada diveniva sempre più stretta, l’ingresso, l’ampio spazio da cui ero giunta, non si vedeva più.
Vieni da me.
Allora la riconobbi. Era la voce di quell’essere, l’uomo che mi aveva fatto tutto questo. Esitai.
Credi davvero che loro dicano la verità? Non vuoi conoscere la mia versione?
“Arjuna non mi farebbe del male”, replicai.
Lui non ti ucciderà, lo faranno gli altri. Voglio proteggerti, Erica.


martedì 14 gennaio 2014

Libri da leggere: KAGE QUEEN

Ho finito da poco di leggere “Kage Queen - Ombre dal Passato” di Simone Lari, il seguito de “L’eredità”, un romanzo contemporaneo che appartiene a più categorie: thriller - paranormale e fantasy si sposano in un racconto che passa dalla storia d’amore al poliziesco.
Il protagonista è Kage, giovane e bell’uomo (che noi donne apprezziamo sempre!), dal passato tenebroso. Lui è il classico maschio misterioso e oscuro... e per di più con la passione per i gatti e i poteri extrasensoriali, in sostanza il mio partner ideale. Se ci aggiungiamo la ricchezza, quasi quasi mi candido io per sposarlo e faccio fuori July.
Il primo libro, infatti, inizia proprio con il desiderio di Kage di trovare una sposa e fingere una convivenza e un figlio, questo per poter accaparrarsi l’eredità del padre multimiliardario. Da ciò il titolo del primo romanzo.
Ovviamente questa mossa non piace a tanti, soprattutto allo zio viscido e arrivista.
Da quel momento la storia diventa un susseguirsi incalzante di avvenimenti con una costante: il mistero.

(Attenzione spoiler)

Arrivata alla fine del secondo libro volevo uccidere il buon Lari: dico, ma scherziamo? Nemmeno un bacio mi metti? Abbiamo lui, abbiamo lei, abbiamo pure un figlio, e c’è indubbiamente del tenero... allora Kage, vogliamo darci una mossa? Non lo vedi che July ti sbava dietro fin dal primo romanzo e che si fa tutti i filmini mentali in cui tu la prendi e la sbatti sul letto?

Niente... i soliti uomini!

A questo punto attendo fiduciosa il seguito (a breve, vero?), sperando che almeno questa volta nel frangente amoroso i fatti diventino più consistenti! Mi raccomando, Simone!

(Fine spoiler)


Battute a parte, ecco ciò che penso dei libri.


Di cosa parla:
Abbiamo davanti un connubio di più elementi che ben si sposano tra loro. Conosco Simone come autore da parecchio e nella saga di Kage Queen si vede un notevole salto di qualità: la scrittura scorre veloce e le pagine si consumano in un soffio... ho divorato i romanzi nel giro di pochi giorni. Credo che sia proprio l’insieme di più caratteristiche che rende l’opera tanto godibile. Io non amo i polizieschi ma, unendoli alle scene fantastiche e sentimentali, l’autore ha fatto davvero un ottimo lavoro, tanto da farmi apprezzare un genere che normalmente non leggerei.

Perché mi è piaciuto:
Il protagonista è complesso e particolare, non ha nulla di scontato ed è difficile inquadrarlo. Mi piace il modo in cui il passato di Kage emerge a poco a poco, senza svelare troppo... e soprattutto mi piace Lilù, la gatta “preveggente”, elemento originale e insolito.

Come leggerlo:
Sia in versione ebook sia in cartaceo a partire da 2€ su Amazon...


  

Sinossi ufficiale dell’opera:
Avete presente quando una gatta fissa insistentemente un punto nel vuoto? Se vedesse qualcosa che l’occhio umano non può scorgere, qualcosa che non è ancora accaduto… e se voi poteste vedere ciò che vede lei?
Cosa fareste sapendo che il vostro ricco padre, un essere spregevole, arrogante e dispotico, che non incontrate da dieci anni, morirà di sicuro tra pochi giorni, nominandovi eredi universali?

“Se posso cambiare il futuro, posso lasciarmi il passato alle spalle.”
Questo è sempre stato il pensiero di Kage.
Ma è proprio nel momento in cui si è convinti di essersi lasciati il passato alle spalle, che questo tenta di insinuarsi nuovamente nelle nostre vite, prepotente, inaspettato e indesiderato; che sia sotto forma di una sensazione, di un ricordo o di un’ombra dal passato, è sempre lì, pronto a insidiare il nostro presente. Ma queste ombre, qualunque cosa o persona esse siano, non hanno fatto i conti con chi, nel buio della notte e nell’incertezza del futuro, è in grado di distinguere perfettamente ogni cosa…

Kage Queen Saga:
Volume 1 - L'Eredità
Volume 2 - Ombre dal Passato
Volume 3 - Rivelazioni (Estate 2014)

Breve estratto:
Kage reclinò la testa e tornò in sé, mentre Lilù si accucciava sul bracciolo del divano.
«Quindi mio padre morirà tra pochi giorni?»
Lilù strizzò gli occhi.
Accarezzò la gatta per qualche minuto, riflettendo su ciò che aveva appreso, poi andò in bagno per lavarsi il viso. L’acqua fredda lo aiutava a pensare, a essere vigile e presente, ma per quanto continuasse a gettarsela sul viso a piene mani, stavolta non ebbe l’effetto desiderato. Continuò finché non avvertì più il freddo pungente che gli causava al contatto con la pelle.
Poggiò le mani sul lavandino, drizzandosi sulle braccia tese, poi fissò lo specchio che aveva di fronte con sguardo torvo.
I suoi occhi scuri fissarono il loro riflesso intensamente, come se si tuffassero in quelli di un rivale, di un acerrimo nemico, piuttosto che in loro stessi. I suoi lineamenti duri e il suo volto serio gli apparvero più contratti del solito. I capelli neri erano inzuppati sopra la fronte a causa dei copiosi getti d’acqua riversati sul viso. Mentre fissava lo specchio, un ricordo sopito dell’infanzia riaffiorò nella sua mente...

«Key, è pronta la cena. Lascia stare le macchinine e vieni a mangiare con me e tuo padre!»
«Oh, ancora un po’ mamma, per favore!»
«Ma è tutto il pomeriggio che sei sdraiato su quel tappeto, non hai nemmeno fatto merenda, non hai fame?»
«Verrò a mangiare se prima guardi cosa ho imparato a fare!»
«D’accordo, Key, fammi vedere...»
Il piccolo Kage prese due macchinine, una per ciascuna mano, le allineò l’una di fronte all’altra e frappose una terza tra loro, esattamente a metà del percorso.
Cominciò a muoverle entrambe, con la medesima velocità, ma, un istante prima che impattassero sul terzo modellino, questo si sollevò da terra quanto bastasse per evitarle, e
rimase sollevato per alcuni istanti, prima di ricadere.
La madre di Kage sgranò gli occhi, poi sussultò quando una mano le si posò improvvisamente sulla spalla.
«Qualcosa non va, Julia?»
«Ke-Kennet... Key, ha fatto... è successa una cosa molto strana!»
«A me pare che stia solo giocando, non ho notato nulla di insolito. E comunque ti ho sempre detto di non chiamarlo Key: il suo nome è Kage!»
«Sì, ma, ma...»
«Nessun ma, Julia, andiamo a cena. Vieni, Kage!»
Il bimbo sbuffò, poi si alzò svogliatamente, passò accanto ai genitori e proseguì verso la cucina.
Kennet strinse la presa sul trapezio della moglie, provocandole dolore.
«Ricorda bene: non hai visto nulla di strano, quindi non c’è motivo di farne parola con nessuno, siamo intesi?»

venerdì 10 gennaio 2014

Libri da leggere: IL TAMBURO DEL GIORNO AFRICANO

Ho deciso di inaugurare sul blog una serie di post dedicati alle mie letture self. Mi piacerebbe segnalare ogni settimana i libri che voglio leggere o che ho letto. Per partire ho scelto un romanzo breve letto la scorsa estate:

IL TAMBURO DEL GIORNO AFRICANO di Gianluca Ranieri Bandini.

Si tratta di un autore molto prolifico che ho avuto il piacere di conoscere personalmente durante il Riccione Book Festival, dove entrambi presentavamo le nostre opere per l’associazione SELECTED SelfPublishing. Non dirò nulla su di lui, a parte che si tratta di una persona squisita, perché potete curiosare direttamente sul suo blog, voglio invece parlare di questo libro in particolare.

Di cosa parla:
Difficile catalogarlo, è narrativa, è zen, è avventura. Un po’ di tutte e tre. È la storia di un uomo, un uomo che potrebbe essere ognuno di noi, con i problemi quotidiani, pieno di paure e macchiato di molti errori... eh sì, tanti errori. Chi di noi non sbaglia?
Il libro si suddivide in due parti: il racconto della sua vita “comune”, del suo incontro con la donna dei sogni, e la sua avventura vissuta in Africa, un’Africa “cattiva e sporca”.
Due opposti che Gianluca riesce a far combaciare perfettamente.
È un racconto che fa pensare e riflettere. Che dà modo di farsi delle domande circa la propria vita. Una storia a volte cruda, a volte commovente.

Perché mi è piaciuto:
Lo stile di Gianluca è a tratti semplice e diretto, a tratti poetico. Si legge tutto d’un fiato e ti resta dentro. Riesce a scavare nell’anima e a ricavarsi un posticino nel cuore... proprio dove c’è quel piccolo spazietto da riempire.
Oggi, che finalmente scrivo questa recensione nonostante siano passati mesi dalla lettura, provo ancora quelle sensazioni e la commozione torna a galla. Pochi libri fanno questo effetto e Il Tamburo del Giorno Africano è uno di questi.

Come leggerlo:
Ha un prezzo davvero irrisorio: 0,99€! Vi lascio il link per l’acquisto e mi auguro vi piaccia quanto è piaciuto a me.



Sinossi ufficiale dell’opera:
Il protagonista si trova in un’armeria. La visione del tamburo di un revolver lo fa sentire male, quasi svenire. Suo figlio e i presenti lo sostengono, pensando che sia un problema di pressione. Non possono immaginare che siano i ricordi che evoca l’arma a ridurlo in quello stato. Riaffiora tutto alla mente. Una locanda in mezzo alla polvere, nel caldo e nella desolazione. Un criminale privo di scrupoli che fa il suo ingresso, pronto a vendere una bambina al migliore offerente. A quella visione si può solo che reagire, sparare e uccidere. Inizia la fuga, fra mille pericoli e i ricordi di un amore perduto che lo hanno condotto sin lì.
La violenza può essere legittimata da un senso innato di giustizia? È quello che scoprirà il protagonista alla luce dell’accecante paesaggio africano, con il peso della propria coscienza e della consapevolezza che basta una scelta per cambiare il corso di una vita.

Breve estratto:
Questo è uno dei miei pezzi preferiti, credo che da solo rappresenti molto bene il libro.

Non lontano dal locale sporco, mi trovavo in una piccola bicocca con la gente più affamata del mondo, priva di ogni più banale risorsa, acqua compresa.
La gente più affamata del mondo è quella che deve dividere un pezzo di pane con il marito e tre figli, quella che non ha mai consumato in tutta la vita più di un pasto al giorno, quella che se gli chiedi che cos’è una bistecca, non ti sa rispondere e, soprattutto, quella che soffrendo di denutrizione, ti appare come gli scheletri sistemati nelle aule delle facoltà di medicina. Quella che mi stava davanti era la povertà più veritiera, forte e pura di sempre.
Tutto era povero: la casa era povera, i vestiti erano poveri, le persone erano povere, le anime erano povere.
Quel giorno però, quelle persone furono assai fortunate. Portai una miriade di cose da mangiare, cose mai viste dai loro poveri occhi. Passammo un buon giorno insieme, di festa, e ci divertimmo.
Mi vollero ringraziare e pensarono di farlo offrendomi una bevanda buonissima: del caffè.
Di tazzina ce n’era una e l’acqua talmente scarsa che sarebbe bastata giusto per la bevanda. Un piccolo fornello e una minuscola bombola del gas ci permisero di prepararla. La macchinetta gliel’aveva donata un viaggiatore che si era fermato da loro molto tempo addietro. La tazzina era notevolmente laida, ma venne riempita fino all’orlo da quello che doveva essere tutto il caffè disponibile.
Giunse il momento di passarci di mano in mano quell’oggettino: sarebbe stato un simbolo di fratellanza, di solidarietà, d’unione.
Bevvi come tutti da quella tazzina sudicia e, improvvisamente, avvertii un senso di ricchezza che emanava dalla stessa tazzina, misero contenitore dei resti di caffè e delle anime della gente più affamata del mondo.
Colsi molto più tangibilmente un senso d’infinita libertà in quella catapecchia che in uno dei nostri civilissimi e ultra moderni paesi.
Quella povera gente appariva svincolata da ogni meschinità, costrizione mentale e ipocrisia, simboli del mondo al quale appartenevo fino a pochi mesi prima.
Compresi per la prima volta che ero un uccello in volo.

Il Tamburo del Giorno Africano - Gianluca Ranieri Bandini

domenica 5 gennaio 2014

Educazione... questa sconosciuta

Siamo nell’epoca della connettività, dove parlarsi e confrontarsi dovrebbe essere più semplice. Ma ne vale la pena?
Vi avverto, mi sono alzata all’alba sfidando il sonno e l’acquazzone per andare in palestra (cosa più unica che rara)... ed era chiuso! Quindi ho il dente discretamente avvelenato.
Tornata a casa, dopo un giro al centro commerciale in mezzo alla calca, accendo il pc. Trovo una richiesta di contatto da un ventiquattrenne e già storco il naso, ma decido di dargli comunque la possibilità di farsi conoscere. Dopo un “piacere, nome”, mi scrive: “Di dv?”.
Ora, prendetemi pure per una vecchia acida... che cavolo significa “di dv”?! Hai dimenticato due lettere a casa? E nel tempo risparmiato mozzando una parola quali opere di estrema saggezza hai prodotto? Dimmelo, nuova generazione: sostituendo i “ch” con la “k”, eliminando il congiuntivo, le vocali e la punteggiatura, quanto tempo risparmi? Quali prodigi fai utilizzando questi secondi risparmiati?
Vorrei saperlo, sul serio.
Ma passiamo oltre. Tolto di torno il teen genius, faccio un due più due mentale e mi rendo conto che per noi donne il panorama maschile è davvero deludente.
Ultimamente posso suddividere gli uomini in tre categorie, vorrei sperare ce ne fosse una quarta, però non l’ho ancora trovata e per questo rivolgerò un appello a fine post.

Categoria uno. Come la definirebbe una cara amica: “Cesso col pedal”. 
Gli uomini in questione sono arrivati a passare i trenta. Tendenzialmente sono o troppo magri o troppo grassi, o troppo alti, o troppo bassi. Spesso privi di una parte di capelli (e badano bene a non rasarli tutti, sia mai che appaiano più giovani!), evitano gli sport come la peste e si vantano della cucina della mamma. La maggior parte non vuole uscire dalla casa paterna e, se lavorano, sono pure taccagni. Si dividono in due sotto-categorie: gli eterni indecisi e i provoloni. Quelli appartenenti alla prima, pur frequentando una donna, non si azzardano nemmeno a sfiorarla per timidezza; i secondi, invece, sono esigenti e, credendosi gran fighi, si permettono di fare una selezione per poi tentare, invano, di uscire con la vittima sacrificale. Al primo appuntamento allungano subito le mani e, se la donna in questione non ci sta, le danno della “stronza che se la tira”.

Categoria due: “Sono figo e non voglio fare fatica”.
Questi uomini, o presunti tali, curano il loro aspetto in maniera maniacale ma fanno credere che sia tutto frutto del caso: “Non vado in palestra, giocavo a pallavolo, una volta”. Anche qui ci sono due categorie: i finti intellettuali e i “o la va o la spacca”. I primi, fingendosi acculturati, fanno credere di avere una vita fuori dagli schemi. Si vantano di viaggiare e amare le donne particolari, anticonformiste. Buttano là qualche parolone grosso e, di norma, vogliono far sentire la preda ignorante... tanto da farle credere di non essere all’altezza. Giunti a quel punto, se la donna in questione ha una bassa autostima, pretendono di portarsela a letto senza alcuna fatica, senza nemmeno offrirle un caffè. I secondi, pur rimanendo dei perfetti imbecilli, sono più onesti: superata una frase solitamente senza vocali e “ch”, vanno al sodo chiedendo direttamente la “botta e via”.
C’è da dire che non è tutta colpa dei “Sono figo e non voglio fare fatica”, gran parte della responsabilità va alle zoccol... emh, alle donne a cui tutto ciò aggrada.

Categoria tre: “Il finto interessato”.
Il finto interessato è, forse, il più subdolo. Sembra normale e carino, riesci a fare una conversazione interessante e di aspetto non è male... ma ti rendi conto di chi sia davvero dai dettagli: quando gli confidi un hobby o una passione particolare. Nel mio caso parliamo di scrittura e la cosa emerge già dalle prime domande, al “cosa fai nella vita?”.
“Scrivo.”
“Cosa scrivi?”
“Romanzi.”
“Ah bello! Ma ritorniamo a parlare di qualcos’altro di completamente inutile.”
Se un uomo mi dicesse che scrive romanzi, come minimo gli farei il terzo grado, vorrei sapere il genere e il titolo. Questi sono i finti interessati e non ho mai capito dove volessero arrivare perché al primo cenno di ipocrisia di solito li mando a quel paese.

La quarta categoria dovrebbero essere gli “Uomini”... quelli carini, gentili, onesti, indipendenti, con personalità. Quelli che sono ancora galanti e che cercano una donna di carattere perché non hanno paura di sfigurare a confronto. Quelli che non vogliono portarti a letto alla prima uscita ma che sanno flirtare e che, possibilmente, sanno ancora scrivere. Se non siete estinti, mandatemi una mail (info@lorenalaurenti.it)! 

Ringrazio le amiche per avermi reso partecipe delle loro esperienze, senza di voi questo post non sarebbe mai nato! XD